Andrea Segrè

451 parole: spreco

Il significato dello spreco oggi: cosa vuol dire “sprecare” e “ridurre gli sprechi”? Prendendo spunto da citazioni tratte dall’Antico Testamento e Nuovo Testamento, dove lo spreco e l’esubero esistono e hanno un valore importantissimo nella società, Andrea Segrè riflette su cosa è oggi lo spreco (ovvero qualcosa da buttare, anche se perfettamente utilizzabile o riutilizzabile) e su come invece potrebbe essere reimpiegato e gestito in maniera corretta, senza ulteriori costi energetici e sociali (per esempio attraverso il last minute market).

Nel tempo di crisi la parola “spreco” è moda, la prima parola usata dalla politica e dall’antipolitica. Diventata, anzi, parola d’ordine: tagliare gli sprechi, ovunque. Eppure, al di là della parola, c’è ancora poca azione.
Partiamo dunque dal verbo, che sottende la parola stessa, “sprecare”: «consumare inutilmente, senza frutto; usare in modo che determinate qualità o quantità di una cosa vadano perdute o non vengano utilizzate», «consumare senza discernimento». Sprecare è dunque legato a un altro verbo, “consumare”.  Significa: «non utilizzare proficuamente o nel modo giusto»1. Non a caso nella società contemporanea lo spreco costituisce sempre più spesso il frutto non tanto e non solo dell’eccessivo consumo, quanto del mancato utilizzo di un determinato bene. Che invece potrebbe ancora essere usato/consumato, almeno da qualcuno.

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