Martin Filler

Bauhaus: la fabbrica del nuovo

da ''The New York Review of Books''

Bauhaus 1919-1933. Workshops for Modernity, mostra presso il Museum of Modern Art, New York City, 8 Novembre 2009 – 25 gennaio 2010. Catalogo della mostra a cura di Barry Bergdoll e Leah Dickerman, New York, Museum of Modern Art, 2009, pp. 344, $ 58,30

Bauhaus. A Conceptual Model, mostra presso il Martin-Gropius-Bau, Berlino, 22 luglio – 4 ottobre 2009. Catalogo della mostra a cura del Bauhaus-Archiv di Berlino/Museum für Gestaltung, Stiftung Bauhaus di Dessau e Klassik Stiftung di Weimar, con un’introduzione di Annemarie Jaeggi, Ostfildern, Hatje Cantz, 2009, pp. 373, $ 60,00

Pochi sviluppi fondamentali della storia dell’arte sono stati travisati, o distorti, come la breve, coraggiosa, gloriosa e sfortunata stagione del Bauhaus, l’importante scuola tedesca di arte, architettura, artigianato e design, fondata nella sonnacchiosa Weimar, città natale di Goethe, nel 1919. La scuola continuò a prosperare tra il 1925 e il 1932 a Dessau, in una zona industriale e sperduta dove il suo primo direttore, Walter Gropius, costruì il suo quartier generale. E infine cercò, inutilmente, rifugio nella cosmopolita Berlino, dove chiuse i battenti nel 1933, dopo l’ascesa al potere di Hitler.

Oggi, a nove decenni dalla sua nascita e a tre quarti di secolo dalla sua dissoluzione, l’esperienza del Bauhaus è stata finalmente raccontata al pubblico in termini che riassumono correttamente il suo vero intento e i suoi immensi traguardi.

Durante lo scorso anno, in Europa e negli Stati Uniti, una serie notevole di mostre antologiche e retrospettive monografiche, insieme alle loro relative pubblicazioni, hanno segnato il novantesimo anniversario della fondazione della scuola Bauhaus (con panoramiche complete a Berlino e a New York) e hanno rivisitato l’opera di due dei suoi protagonisti principali, il pittore russo Wassily Kandinsky (con una mostra itinerante esposta alla Lenbachhaus di Monaco e al Centro Pompidou di Parigi e conclusasi al Guggenheim Museum di New York) e l’artista multimediale ungherese Lászlo Moholy-Nagy (con una mostra alla Schirn Kunsthalle di Francoforte e un’altra al Loyola University Museum of Art di Chicago).

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