Marco Veglia

Colpi di pollice

Michel Serres, Non è un mondo per vecchi. Perché i ragazzi rivoluzionano il sapere, Bollati-Boringhieri, 2013, pp. 78, € 8,00.

ANTROPOLOGIA E SOCIOLOGIA: Marco Veglia recensisce Non è un mondo per vecchi. Perché i ragazzi rivoluzionano il sapere, in cui l'autore, l'ultrasettantenne Michel Serres, registra con stupore ed entusiasmo le trasformazioni apportate dalle tecnologie digitali non solo al modo di comunicare e alla vita quotidiana delle generazioni più giovani, ma anche alle loro stesse capacità cognitive.

La riflessione sugli odierni mezzi di comunicazione non aveva ancora conosciuto una meditazione lieve e arguta – tutta profondeur de la surface – come quella di Michel Serres, Petite Puocette, uscita per Le Pommier a Parigi e presto tradotta in italiano da Bollati Boringhieri, nella primavera appena trascorsa, col titolo Non è un mondo per vecchi. Perché i ragazzi rivoluzionano il sapere (2013, pp. 78). Il punto di partenza del saggio è chiaro: «I ragazzi abitano […] il virtuale. Le scienze cognitive mostrano che l’uso della Rete, la letteratura o la scrittura dei messaggi con il pollice, la consultazione di Wikipedia o di Facebook non eccitano gli stessi neuroni né le stesse zone corticali attivate dai libri, dalle lavagne o dai quaderni». Dunque? La metamorfosi indotta dai nuovi strumenti investe perfino il corpo: immobile, per secoli, per accedere al sapere (al tavolo di uno studio o di una biblioteca o di un’aula), esso può ora apprendere e, al contempo, può muoversi di continuo. Certo non tutto è festoso in questo universo: vari studiosi, inserendosi in dibattiti vivi e costanti sull’uso politico della Rete, hanno di recente messo in guardia da strumenti che garantiscono, insieme alla soddisfazione di quasi tutte le possibili curiosità, un controllo che avrebbe fatto invidia ad antichi inquisitori. Michel Serres non si sofferma sulle caratteristiche teologiche di Google, discusse ad esempio da Paolo Bottazzini in Googlecrazia. Come un Dio buono e onnisciente, Google rinnova antiche e profetiche promesse: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e – se conoscerete la password, poiché è questa, si legge in Serres, l’età dell’accesso – vi sarà aperto.Sin dal principio ogni questione, affrontata da Non è un mondo per vecchi, pare profilarsi come una questione di tempo: il tempo storico delle nuove generazioni, l’epoca della trasmissione dei nuovi media, il tempo materialmente impiegato dalle informazioni per essere ottenute e poi veicolate dalle rete. Centrale, per intendere il presente, è quindi la “motricità”, che è non solo un’accelerazione del tempo dovuta agli strumenti informatici, ma alla capacità di pensare e di comunicare, col loro tramite, nuove relazioni di significato tra i vari campi del sapere. Quanto incide tutto questo  – osserva Serres – sugli assetti economici e politici tradizionali? «I ragazzi riescono a gestire molte informazioni nello stesso tempo. Non conoscono, né integrano, né sintetizzano come noi, che siamo i loro genitori o nonni. Non hanno più la stessa testa».

Non soggettivo, non aleatorio, il tempo odierno è infatti concentrico, perché include diverse temporalità, e diagonale, poiché unisce continuamente punti distanti, collocati sulla medesima circonferenza del mondo globale (il calendario, domanderebbe Pollicina, è ormai un arcaismo?). Non è più seriale. A questo punto è forse chiaro che la centralità della “trasmissione”, che è un fenomeno di civilizzazione, convoca, al centro stesso del discorso di Serres, una problematizzazione dell’insegnamento, che, nei contesti attuali, viene radicalmente ripensato. Funzione e ruolo della scrittura, come pure delle mediazioni simboliche, si sono radicalmente trasformate. Con la scrittura, la trasformazione ha toccato tutto quello che storicamente ne è disceso (istruzione, religione, diritto, politica, scienza, economia).In effetti, «la pedagogia cambia totalmente con le nuove tecnologie». Si profila, al centro del cammino, un differente modello di umanità, costretta a riformulare o rinegoziare tutti gli ideali che presupponevano una proiezione sul piano. Carte e mappamondi, se non per la funzione ancillare delle traiettorie stradali, cedono ora il passo al satellite: perché, dopo tutto, un mondo globale e istantaneo può essere visto solo dall’alto.

Questo contenuto è riservato ai soli membri di Annuale Online
Accedi Registrati.
Print Friendly, PDF & Email
Invia una mail per segnalare questo articolo ad un amico