Willibald Sauerländer

Il pittore dei pittori. Velázquez, 350 anni dopo

da ''The New York Review of Books''

 

Il Duomo di Modena (in Quando le cattedrali erano bianche. Mostre sul Duomo di Modena dopo il restauro:Panini, 1985) e Le cattedrali gotiche. 1140-1260 (in Il mondo gotico: Rizzoli, 1989).

 

Articolo sul pittore Velazquez: la vita, lo stile, i maestri. Un ritratto del pittore attraverso le sue opere più importanti, come Las meninas e Le filatrici.

«C’est le peintre des peintres.» Tale fu l’elogio espresso nel 1865 da Édouard Manet dopo aver ammirato al Prado l’opera di Diego Velázquez. In quegli anni in Francia impazziva la moda per tutto ciò che era spagnolo, ma l’ammirazione dell’autore di Olympia non era dettata dall’entusiasmo romantico per la Spagna dell’“opera” e dell’avventura passionale: i toni cupi di Jusepe de Ribera e quelli melodrammatici di Bartolomé Esteban Murillo erano del tutto estranei alla natura di Manet. Questi scoprì invece in Velázquez un artista che rifuggiva da ogni sentimentalismo, anzi, da qualsiasi forma di empatia. Un artista né loquace né allegorico, e tutto dedicato alla sua arte. L’incontro con Velázquez rappresenta per il pittore francese uno dei paradossi più produttivi della storia della pittura: Manet, il pittore della vita moderna, colui che ha registrato le mode e i silenziosi drammi della società liberale urbana, vide nel pittore della corte degli Asburgo un fratello maggiore. Tornato a Parigi, eseguì un ritratto dell’attore Rouvière nei panni di Amleto, ispirandosi a uno dei ritratti di giullari di Velázquez. E questi, la cui opera sino a quel momento era rimasta per lo più sconosciuta al di fuori della Spagna, fu accolto nel pantheon dei pittori europei.

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