Ingrid Rowland

Mangiate e letture

da ''The New York Review of Books''
SOCIETA’: Quando la globalizzazione ha conquistato la gastronomia, la reazione è stata esageratamente forte: non si riesce più a gustare un piatto senza essere informati (o informarsi) delle sue caratteristiche e della sua provenienza territoriale. Persino in America, la patria del fast food, i migliori ristoranti e gli chef più accreditati pretendono di informare i clienti delle caratteristiche territoriali e nutrizionali degli ingredienti. E anche la lettura è su questa strada: case editrici di tutto il mondo immettono sul mercato quantità spropositate di libri, incentivando così alla lettura continuativa, veloce, quasi compulsiva, mentre il piacere di “gustarsi” un libro, leggerlo con coscienza e la dovuta lentezza che richiede è diventato un lusso che non ci è più concesso. Forse dovremmo imparare a “gustare” (gastronomia o lettura) in santa pace, senza condizionamenti, senza costrizioni esterne.

Secondo il giornalista italiano Giacomo Papi, l’essenza della società contemporanea si è rivelata, una volta per tutte, nel modo in cui mangiamo1. Tutto è cominciato, egli sostiene, negli anni Ottanta, quando le farfalle con panna e salmone hanno iniziato a comparire nei menu italiani.

«La cucina incominciò a essere un’esperienza estetica. Trent’anni dopo, il salmone è stato sostituito dal tonno (tartare, scottato, allo zenzero), trionfano i risotti, la panna è scomparsa e ogni ingrediente è corredato da misteriose indicazioni geografiche tipiche […] In tavola non c’è più nulla di sfuso. L’olio d’oliva, l’aceto balsamico, perfino il sale grosso sono proposti nel contenitore d’origine, completo di etichetta esplicativa. Trent’anni dopo è impossibile mangiare parlando d’altro. È impossibile stare a tavola senza analizzare, a ogni forchettata, ogni sapore e ingrediente – comparando, discettando, confrontando – quasi che in mancanza di commento il piacere risulti inspiegabile e insipido. Trionfa la metagastronomia. Il gusto non basta più a dare piacere. Come l’arte contemporanea esiste solo se qualcuno ne parla e la interpreta, così anche la cucina vive, oggi, soprattutto nei commenti di chi la consuma.»

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