Thomas Nagel

Morte e al di là

da ''The New York Review of Books''
SAMUEL SCHEFFLER, Death and the Afterlife, a cura e con un'introduzione di Niko Kolodny, e con i commenti di Susan Wolf, Harry G. Frankfurt, Seana Valentine Shiffrin e Niko Kolodny Oxford University Press, pp. 210, $ 29,95

FILOSOFIA: Tutti dobbiamo morire, e il mondo andrà avanti senza di noi. Il filosofo Thomas Nagel recensisce un saggio di Samuel Scheffler che analizza i modi in cui ciò influenza i valori che regolano le nostre vite e le motivazioni che li delineano.

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Dobbiamo tutti morire, e il mondo andrà avanti senza di noi. In questo libro molto originale Samuel Scheffler esplora i potenti ma spesso impercettibili modi in cui queste cose ovvie influenzano i valori che regolano le nostre vite e le motivazioni che li delineano.

Il dopo vita a cui si riferisce il titolo non è il dopo vita del singolo, l’esistenza di una persona continuata in qualche modo dopo la sua morte. Scheffler non crede in una vita dopo la morte del singolo, e una parte del libro si occupa della questione di come dovremmo percepire la nostra stessa mortalità se la morte fosse la fine della nostra esistenza. Ma il suo tema principale è quello che egli chiama la vita dopo la morte collettiva, cioè la sopravvivenza e il continuo rinnovarsi dell’umanità dopo la nostra morte personale – non solo la sopravvivenza della gente che già esiste, ma le vite future di persone nate molto dopo le nostre morti. Scheffler dice che la vita dopo la morte collettiva è enormemente importante per noi – in qualche modo più importante della nostra sopravvivenza individuale – benché la sua importanza sfugga alla nostra attenzione perché la diamo in larga misura per garantita.

Il libro deriva da due conferenze sui Valori Umani tenute al Tanner Humanities Center1 da Scheffler, insieme a una terza conferenza sulla morte tenuta in un incontro sul lavoro di Bernard Williams. Mantenendo il formato delle Tanner Lectures, queste sono seguite da una serie di commenti e risposte di Scheffler.

Per svelare il posto del dopo morte (d’ora in poi ometterò la qualifica “collettivo”) nella struttura delle nostre preoccupazioni, motivazioni e valori, Scheffler impiega il metodo filosofico classico degli esperimenti di pensiero controfattuali: per capire il significato di qualcosa immagini la sua assenza e vedi cos’altro cambia. Egli propone due situazioni immaginarie, lo scenario della fine del mondo e lo scenario dell’infertilità.

Immagine tratta dal film I figli degli uomini

Immagine tratta dal film I figli degli uomini

Nello scenario della fine del mondo, tu immagini che, benché vivrai per un normale tempo di vita e morirai di cause naturali, la terra sarà completamente distrutta trenta giorni dopo la tua morte per una collisione con un gigantesco asteroide. Nello scenario dell’infertilità (tratto dal romanzo del 1992 di P.D. James I figli degli uomini tradotto in film da Alfonso Cuarón), la razza umana è diventata sterile, così che, dopo che tutti quelli che ora sono vivi saranno morti di cause naturali, non ci saranno più esseri umani. Entrambe sono possibilità terribili, ma la questione interessante è: in quale esatto modo sono terribili? Quali valori sono al lavoro nella nostra reazione quando contempliamo l’estinzione dell’umanità?

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