Suketu Mehta

Nelle violente favelas del Brasile

da ''The New York Review of Books''
ATTUALITÀ: Negli ultimi anni il Brasile ha compiuto progressi economici straordinari, e adesso vanta la classe media più numerosa del mondo. Ma è ancora un paese in cui le diseguaglianze sociali sono molto forti, con un tasso di povertà e violenza altissimi. Lo scrittore Suketu Metha ci offre un reportage all'interno di uno dei luoghi simbolo di queste diseguaglianze: le favelas in cui vivono in condizioni di estrema povertà milioni di brasiliani, e in cui, nonostante gli sforzi, a dettare legge non è lo Stato, ma gang di trafficanti e poliziotti corrotti.

L’amica brasiliana Marina ed io stavamo andando a prendere un’ altra amica in visita da New York, che dirige una ONG, nella hall del suo hotel vicino a Paulista, il viale più prestigioso di San Paolo. Erano le 7.30 di un trafficato venerdì notte lo scorso ottobre. Camminavamo verso un taxi fuori dall’hotel. Mi sedetti davanti per lasciare le due donne dietro a chiacchierare. Marina mi chiese di controllare il menù del ristorante su Google. Lo stavo facendo quando vidi un teenager correre verso il taxi e gesticolare attraverso il mio finestrino aperto. Pensavo fosse un mendicante che chiedeva denaro. Poi ho visto la pistola che si muoveva dalla mia testa al cellulare.

«Dagli il telefono», disse Marina dal sedile di dietro.

Gli diedi il telefono. Lui non andò via.

«Dinheiro, dinheiro!»

Non volevo dargli il mio portafoglio. Il ragazzo gridava oscenità. «Dinheiro, dinheiro!»

Il corpo del ragazzo fece un salto indietro, quando il braccio di un uomo intorno al suo collo lo sollevò da terra. L’uomo, vestito con una camicia nera, stava urlando; aveva assalito il ragazzo dalle spalle. Cominciò a picchiare il ragazzo. Il tassista seduto vicino a me era impassibile. Disse che questo non gli era mai successo prima, ma non avrebbe potuto essere più menefreghista.

La cosa successiva che vidi fu il ragazzo e un altro teenager, probabilmente il complice, scappare lungo la strada. L’uomo in camicia nera li inseguì per un po’, poi tornò affannato al taxi. «Il bastardo ha preso qualcosa?» chiese il nostro salvatore, che più tardi soprannominammo Batman. Non era un poliziotto come avevo pensato all’inizio; era solo un comune cittadino stanco dei criminali.

«Un telefono», rispose Marina.

«Figli di puttana. Questi stronzi – vengono sempre in due. Codardi.»

Il tassista ci guidò alla più vicina stazione di polizia. Due poliziotti indolenti erano le sole persone lì dentro. «Ce ne sono dieci al giorno di queste denunce, solo in questo distretto», disse uno di loro.

L’altro poliziotto andò a controllare nel suo registro. «Tre prima di voi oggi». Ci sono 319 rapine a mano armata al giorno a San Paolo.

Ognuno in questo paese ha una storia analoga. Priscilla, che incontrai il giorno seguente, è stata rapinata dieci volte. Una volta un ragazzo teneva una bottiglia di vetro rotta sul suo collo. Un’altra volta era in una casa invasa da uomini armati, e uno di loro tenne un fucile puntato alla sua testa per quaranta minuti.

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