Jared Diamond

Radio3suCarta. Primitivo a chi?

Radio3 Scienza è il quotidiano scientifico della terza rete, in diretta dal lunedì al venerdì dalle 11.30 alle 12.00. Interviste, dibattiti, approfondimenti e reportage sui temi dell’attualità dal mondo della scienza. Ma anche lo sguardo della scienza sul mondo.

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A cura di Rossella Panarese

in regia Costanza Confessore

in redazione Paolo Conte, Marco Motta e Gaetano Prisciantelli

conduce Marco Motta

 

Primitivo a chi? Intervista a Jared Diamond a cura di Marco Motta

 

Marco Motta. Una puntata speciale di ‘Radio3Scienza’ perché l’ospite di oggi è davvero uno scienziato speciale. Immagino che non pochi tra le ascoltatrici e gli ascoltatori avranno letto o sentito parlare di un libro che il nostro ospite ha scritto ormai una quindicina di anni fa, Armi acciaio e malattie. Breve storia del mondo negli ultimi tredicimila anni, che cercava di indagare le ragioni dietro alle sorti così diverse che diversi paesi e aree del pianeta hanno avuto nella storia. Poi nel 2005 è seguito un altro libro, Collasso. Come le società scelgono di morire o vivere (Einaudi 2005). Adesso è il turno di un nuovo volume, che arriva in questi giorni in libreria ed è pubblicato come i due precedenti da Einaudi: Il mondo fino a ieri. Che cosa possiamo imparare dalle società tradizionali. Il suo autore è Jared Diamond, che abbiamo il piacere di avere in collegamento con noi da Los Angeles. Il mondo fino a ieri è un’indagine – al tempo stesso molto vasta ma condotta col rigore e il metodo dell’indagine scientifica – sulla vita nelle società tradizionali, dall’allevamento dei bambini alla cura degli anziani, dai comportamenti alimentari alle concezioni religiose, alla percezione e gestione del rischio, e sulle lezioni che possiamo trarre dallo studio comparato di popolazioni che abitano in aree molto diverse del pianeta, dai Dani della Nuova Guinea ai !Kung dell’Africa sub sahariana, dagli Yanomami dell’Amazzonia agli Inuit in Alaska. Come Armi, acciaio e malattie, anche questo libro nasce in Nuova Guinea, paese che Diamond frequenta da quasi 50 anni, tanto da considerarsi un pendolare tra la California e l’isola dell’Oceania. Bilinguismo e multilinguismo sono protagonisti di un capitolo centrale del suo nuovo libro, e la Nuova Guinea ha un primato in fatto di lingue, è infatti il paese con la più alta diversità linguistica del pianeta, con mille idiomi e numerose famiglie linguistiche, perché?

 

Jared Diamond. La Nuova Guinea è una piccola isola di un milione di chilometri quadrati, e pur tuttavia delle circa settemila lingue parlate sul pianeta, un migliaio sono parlate solo qui. Perché? Beh, una ragione è che non c’è mai stato un impero centrale che abbia spazzato via le altre lingue come accadde in epoca romana col latino, che rimpiazzò per esempio la lingua etrusca. La Nuova Guinea non ha conosciuto nulla di simile. Una seconda ragione è che il territorio guineano è montagnoso, nel paesaggio si alternano vallate e colline, e gli abitanti sono stazionari, vivono stabilmente in una vallata, e ogni vallata parla la sua lingua. Quando percorro i territori della Nuova Guinea, in media ogni quindici  chilometri incappo in una lingua diversa, e non si tratta di dialetti, ma di lingue vere e proprie, diverse tra loro come lo sono il cinese e l’italiano. Personalmente, non ho mai incontrato un guineano che parlasse meno di quattro o cinque lingue diverse. Una volta, mentre eravamo accampati, domandai ai miei compagni di viaggio quante lingue parlassero e da questo mio sondaggio informale emersero risultati che oscillavano da un minimo di cinque a un massimo di quindici lingue parlate, ma d’altronde in Nuova Guinea è normale crescere circondati da persone che parlano molte lingue differenti. Se vuoi sposarti con qualcuno che appartiene al villaggio vicino, è probabile che quella persona parli una lingua differente dalla tua. A proposito di multilinguismo, la cosa più sorprendente che ho scoperto scrivendo il mio libro sono i vantaggi di cui può godere chi cresce bilingue o multilingue, per esempio nella protezione dall’Alzheimer, che come sappiamo ha effetti devastanti sulle nostre società, negli Stati Uniti come in Italia.

Marco Motta. Visto che lei ha citato l’apprendimento delle lingue, parliamo di educazione dei bambini, tema a cui dedica un altro capitolo del suo libro, nel quale descrive tutto lo spettro di comportamenti che ha osservato nelle diverse comunità indigene del mondo, dal ruolo delle cure paterne e allo parentali ai giochi di gruppo fino agli infanticidi, ma il punto  a cui sembra tenere di più è la libertà e l’indipendenza con cui crescono i bambini.

 

Jared Diamond.  La cosa che mi impressionò da subito nelle comunità indigene della Nuova Guinea era proprio l’indipendenza precoce che i bambini acquisivano già da piccolissimi. Anche io e mia moglie Marie volevamo allevare i nostri due gemelli in modo che si rivelassero presto autonomi e sicuri di sé. Non arrivammo agli estremi dei genitori guineani che lasciano i loro figli di due anni giocare con un fuoco o con coltelli molto affilati, ma li abbiamo lasciati liberi di compiere le loro decisioni, e una delle sorprese fu che uno dei miei due figli all’età di tre anni si innamorò dei serpenti e volle a tutti i costi possedere un serpente come animale domestico. Così gliene comprammo uno, e poi un altro e poi un altro ancora, e alla fine ci ritrovammo in casa centoquarantasette tra serpenti, rane, rettili e anfibi vari. Nostro figlio fece la sua scelta in libertà, successivamente il suo interesse per i serpenti scemò e poi all’età di ventidue anni, improvvisamente, ci comunicò che avrebbe fatto il cuoco, e il giorno dopo si iscrisse a una scuola professionale di cucina.

 

Marco Motta. Il suo nuovo libro ha già scatenato accesi dibattiti nel mondo anglosassone, dove è uscito alla fine dello scorso anno. In particolare alcuni antropologi hanno sostenuto che il suo affresco delle società tradizionali finisce per avallare una visione gerarchica delle culture, le nostre moderne e avanzate e quelle tradizionali arretrate.

 

Jared Diamond. Il dato incontestabile è che le nostre società dispongono di maggiore tecnologia e potere, i neoguineani riconoscono questo dato di fatto e  desiderano i nostri strumenti per sé. Se vedevano le accette d’acciaio le volevano anche loro perché tagliano meglio di quelle in pietra, chiedevano i fiammiferi, perché sono certamente più comodi per accendere un fuoco rispetto ai bastoncini di legno da sfregare. In un’area in cui ci sono 11 metri di precipitazioni l’anno, i neoguineani volevano gli ombrelli. Insomma, ci sono aspetti del mondo occidentale che allettano quelle comunità, ma ci sono cose meravigliose che io e i miei lettori possiamo apprendere dalle società tradizionali, che sono materialmente più povere ma socialmente più ricche: ci sono rapporti di amicizia più profondi ed estesi, c’è più conversazione diretta, non ci sono email, telefono o computer, e le persone si parlano faccia a faccia.

 

Marco Motta. E poi ci sono state le critiche molto aspre di Survival International (una Ong che si dedica alla tutela dei popoli indigeni) che l’ha accusata di dare eccessivo rilievo al carattere violento delle società tradizionali, trattandole come una finestra sul nostro lontano passato evolutivo. E questo presterebbe il fianco ad interventi paternalistici da parte degli stati nei cui territori abitano le comunità indigene. Lei come ha risposto a questa critica?

Jared Diamond. Quello sollevato da Survival International è stato l’attacco che più mi ha intristito nel novero delle critiche indirizzate al mio libro, perché loro ed io condividiamo gli stessi obiettivi, la difesa delle società tradizionali. Ma la difesa delle comunità indigene deve fondarsi su dati reali. La verità di partenza è che, nella media, le società tradizionali sono più violente rispetto alle società organizzate in cui viviamo noi, perché non sono dotate di un’autorità centrale in grado di imporre la pace, quindi le probabilità di morire di morte violenta nelle società tradizionali è superiore rispetto alle società occidentali. Purtroppo, Survival International nega questa elementare  verità e fonda la propria giusta battaglia per la protezione delle comunità indigene su un presupposto palesemente falso.

 

Marco Motta. Lei ha citato il rischio di morte violenta, ma i rischi e le insidie a cui sono esposti i popoli che lei racconta sono molteplici, e dedica numerose pagine a descrivere le strategie adottate nelle comunità indigene per minimizzare questi rischi, in particolare sottolinea l’importanza di un atteggiamento di “paranoia costruttiva”, che significa?

 

Jared Diamond. In Nuova Guinea, e in generale nelle società tradizionali che ho visitato, non ci sono dottori, non ci sono ambulanze, niente pronto soccorso, e quindi bisogna prestare molta attenzione. I neoguineani hanno imparato ad essere molto lucidi rispetto ai rischi che corrono e all’attenzione che va posta per evitarli. Se pensi alle azioni che compi ogni giorno, il rischio che corri è magari molto basso, ma affrontandolo innumerevoli volte, mille volte, alla fine ti potrebbe anche uccidere. Per esempio, oggi io ho già compiuto l’azione più pericolosa della mia giornata, mi sono fatto una doccia. Ogni volta che mi faccio una doccia, le probabilità che io scivoli sono molto basse, una su mille, ma basta leggere i necrologi per scoprire che uno dei rischi più insidiosi per le persone anziane è scivolare nella doccia e rompersi una gamba. Mi sono fatto due conti: oggi ho 75 anni, la mia aspettativa di vita è di 90 anni, se mi faccio una doccia tutti i giorni per 15 anni fanno 5475. Ora, uno su mille può sembrare un rischio molto basso, ma nel giro di 15 anni e 5475 docce potrei rimanerci secco cinque volte se non sono molto cauto e attento quando mi lavo. Dai neoguineani ho imparato dunque a esercitare una paranoia costruttiva sui rischi che corro.

 

Marco Motta. Prima abbiamo parlato dell’educazione dei bambini, ma Il mondo fino a ieri dedica molto spazio anche al trattamento riservato agli anziani nelle diverse società, anche in questo caso oscillando tra comportamenti estremi, dalla cura dei più vecchi fino alla fine della loro esistenza, all’abbandono o addirittura all’uccisione degli anziani considerati un peso insostenibile per la comunità. Lei che lezioni ha tratto dallo studio di queste diverse realtà?

Jared Diamond. Beh, è una questione che mi riguarda da vicino da quando ho compiuto 75 anni! Nel mio caso, sto continuando ad insegnare all’Università della California, tre volte a settimane vado in palestra, e faccio esercizi insieme a mio figlio 26 enne. La sfida che abbiamo di fronte noi negli Usa e voi in Italia è scoprire e valorizzare le competenze delle persone anziane. Con i rapidi cambiamenti apportati dalle tecnologie, quello che ho imparato da piccolo non ha più un valore d’uso, e per converso io non sono in grado di accendere la televisione perché ha un telecomando troppo complicato, con quarantuno bottoni, devo farmi aiutare dai miei ragazzi, ma quello che un anziano può vantare è una lunga esperienza della vita e delle condizioni del passato, gli italiani ultrasettantenni hanno vissuto sulla propria pelle il dramma della Seconda guerra mondiale e le privazioni della fame, mentre i più giovani no. Sono condizioni che un giorno potrebbero tornare, e sono le persone che le hanno provate che potrebbero fornirci gli strumenti adeguati per affrontarle.

Marco Motta. Una differenza sostanziale tra le nostre società occidentali e le comunità tradizionali è la condizione dello straniero e la difficoltà di muoversi tra territori diversi; nell’incipit del suo libro lei si trova nell’aeroporto di Port Moresby, la capitale della Nuova Guinea, e fa notare quante cose siamo abituati a dare per scontate: la possibilità di muoverci liberamente per migliaia di chilometri con un semplice passaporto, la coesistenza pacifica fra persone che non sono mai viste.

Jared Diamond. Nelle società tradizionali le persone vivono sedentariamente in villaggi di poche centinaia di individui e si conoscono tutte, non vedi mai uno straniero, e se lo vedi le cose buttano male, significa che lo straniero è venuto a rubarti il maiale, a sottrarti la moglie, o sta per compiere un raid. Ogni volta che passeggio per il campus dell’Università della California a Los Angeles dove insegno, incontro decine di studenti che non conosco, ma per me non rappresentano un pericolo, anzi sono un’opportunità. Il mio salario me lo guadagno insegnando a quegli studenti. Ogni volta che passeggiate per le strade di Milano o di Roma incontrate frotte di sconosciuti che non hanno intenzione di uccidervi, né voi volete attaccare loro, sono invece un’occasione per conoscere e magari fare affari con loro. Nelle società moderne dunque, e questa è la differenza fondamentale rispetto a quelle tradizionali, gli stranieri sono un’opportunità di lavoro invece che un pericolo. Negli Stati Uniti abbiamo guadagnato tantissimo dal flusso di migranti, e oggi sta succedendo lo stesso in Europa, state affrontando gli stessi problemi che abbiamo dovuto fronteggiare noi in passato, ma i migranti portano nuove conoscenze e competenze e rappresentano una forza di innovazione per le vostre società

 

Marco Motta. Come dicevamo all’inizio, lei si definisce un pendolare tra America e Oceania. Quando riparte per la Nuova Guinea? 

 

Jared Diamond. Sono appena tornato! Nel giro dell’ultimo anno ci sono stato due volte, sono tornato il 30 marzo scorso e ci farò ritorno solo l’anno prossimo. Adesso posso rilassarmi e non tenere la bocca serrata mentre faccio la doccia per timore di bere acqua contaminata. Ho al mio fianco mia moglie, ma c’è anche un traffico e un rumore bestiali lì fuori, non sono più immerso nella meravigliosa giungla guineana con i versi degli uccelli. I miei amici quando mi parlano tengono in mano i loro cellulari e intanto scrivono sms e non mi guardano in faccia. Mi manca il rapporto diretto e la conversazione franca con i miei amici guineani. Insomma sono qui in California fisicamente, ma emotivamente sono ancora in Nuova Guinea!

 

JARED DIAMOND è un biogeografo statunitense nato a Boston nel 1937. Autore di numerosi libri in cui combina antropologia, linguistica, genetica e storia, nel 1997 con Armi, acciaio e malattie (Einaudi 2006) ha vinto il premio Pulitzer per la saggistica. Il suo ultimo libro pubblicato in Italia è Il mondo fino a ieri. Che cosa possiamo imparare dalle società tradizionali? (Einaudi 2013). Vive a Los Angeles dove insegna all’Università della California.

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