Steve Coll

Zero Dark Thirty

da ''The New York Review of Books''

CINEMA: Ilfilm che ricostruisce gli eventi che portarono all’uccisione di Bin Laden, è un film che riporta in maniera fedele eventi realmente accaduti o è piuttosto un’apologia sull’utilizzo della tortura da parte della CIA per ottenere informazioni dai fiancheggiatori di al-Qaeda?

CINEMA: Il film che ricostruisce gli eventi che portarono all’uccisione di Bin Laden, è un film che riporta in maniera fedele eventi realmente accaduti o è piuttosto un’apologia sull’utilizzo della tortura da parte della CIA per ottenere informazioni dai fiancheggiatori di al-Qaeda?

Non è raro che i registi provino a conferire autenticità ai primi fotogrammi di un film facendo lampeggiare sullo schermo diciture come: «basato su fatti realmente accaduti». Tuttavia, il linguaggio scelto dagli autori di Zero Dark Thirty per introdurre il loro film sugli eventi che hanno portato alla morte di Osama bin Laden è prettamente giornalistico: «Basato su resoconti diretti di eventi realmente accaduti». Mentre quelle parole si dissolvono, la scritta “11 settembre 2001” appare su sfondo nero e in sottofondo sentiamo le registrazioni autentiche delle chiamate di emergenza fatte dalle vittime dell’attacco di al-Qaeda al World Trade Center. Una voce di donna descrive le fiamme che si propagano intorno a lei e dice che «sta prendendo fuoco»; prega di non morire e poi la sua voce si spegne. Prima che uno qualsiasi degli attori pronunci una singola battuta, dunque, Zero Dark Thirty compie due scelte ben precise: si adegua ai metodi tipici di giornalisti e storici, e basa la sceneggiatura su quello che resta il trauma più indigesto nella vita nazionale americana degli ultimi decenni.

Dall’anteprima di Zero Dark Thirty a New York e a Los Angeles a dicembre (negli USA è uscito l’11 gennaio)1, il film ha prodotto reazioni discordanti. I critici ne hanno celebrato il ritmo, l’equilibrio, e le accattivanti ma complesse rappresentazioni della violenza politica. Il New York Film Critics Circle l’ha proclamato miglior film del 2012, ed è stato nominato per cinque premi Oscar, compreso quello per il miglior film. Le qualità che alcuni critici hanno apprezzato nel film sono le stesse che caratterizzavano The Hurt Locker, la precedente collaborazione – su una squadra di artificieri americani in Iraq – tra lo sceneggiatore, Mark Boal, e la regista, Kathryn Bigelow. (La pellicola, oltre ad aggiudicarsi l’Oscar come miglior film, fece della Bigelow la prima donna a vincere il premio Oscar come miglior regista, nel 2009).

Allo stesso tempo, un certo numero di giornalisti e funzionari pubblici – compresi tre senatori degli Stati Uniti – hanno criticato aspramente Zero Dark Thirty. Il loro appunto principale sta nel fatto che il film ingigantisce molto il ruolo della tortura – o le «tecniche di interrogatorio avanzate», per usare il terrificante eufemismo della CIA – nell’ottenere dai detenuti affiliati ad al-Qaeda le informazioni che in fine hanno portato alla scoperta del nascondiglio di Osama bin Laden ad Abbottabad, in Pakistan, dove è stato ucciso dai Seals della marina il 2 maggio del 2011.

«Il film dà l’impressione che le tecniche avanzate di interrogatorio… siano state davvero l’elemento chiave per trovare Bin Laden», ha scritto Michael Morell, direttore pro tempore della CIA, agli impiegati dell’agenzia lo scorso dicembre. «Tale impressione è falsa». La presidentessa della commissione senatoriale per l’intelligence, Dianne Feinstein, e i due senatori membri della commissione per le forze armate, il democratico Carl Levin e il repubblicano John McCain, hanno cofirmato una lettera che definisce la versione della recente strategia antiterroristica presentata dal film come «gravemente inaccurata». I senatori sostengono inoltre che l’errata impostazione del film possa «potenzialmente influenzare l’opinione pubblica americana in modo allarmante e ingannevole».

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