Tensione alla conoscenza

Negli anni ’60 e ’70 c’era una tensione generalizzata alla conoscenza che oggi sembra svanita. Dalla letteratura al cinema tutto concorreva a indirizzare la ricerca culturale verso i confini del non conosciuto. Questo aspetto, che riguardava il mondo artistico (si parlava di neo-avanguardie), non era assente anche in ampie fasce della società; certo ad essere coinvolti erano per lo più gruppi organizzati ed individui comunque inseriti in ampi contesti sociali, come ad esempio coloro che si proiettavano nel mondo psichedelico per fare musica o per dare vita a qualsiasi altra espressione artistica. E’ anche vero che tutto questo fermento non doveva fare i conti con un individualismo estremo che oggi vediamo imperare.

Dunque si dovrebbe parlare dell’individualismo? Non necessariamente. Affrontare il tema della tensione alla conoscenza mi sembra che permetta di scandagliare meglio il terreno indurito del nostro tempo, dove salta agli occhi la tendenza a delegare a degli “esperti” ogni specifico argomento, dando semmai la parola alla “gente comune” in quegli ambiti, simili a riserve indiane, che sono gli spazi televisivi, dove si esprimono buoni sentimenti, luoghi comuni e opinioni elementari che nulla aggiungono a ciò che già si conosce.

Ma cos’era questa tensione alla conoscenza? Già l’espressione “l’immaginazione al potere” coniata in quell’epoca può dare un’idea; non ci si accontentava dell’esistente, si era proiettati dentro l’ottimistica visione del rinnovamento e del progresso. In tutti i campi, dall’università ai mezzi di comunicazione di massa, si dibatteva con serietà ma senza essere pedanti. La cultura deteneva un posto di riguardo sia tra chi contestava il sistema sia tra chi lo difendeva o chi lo voleva riformare. In quegli anni si diede un impulso all’istruzione pubblica che non ha equivalenze nel passato ma anche, purtroppo, nel nostro presente. Tutte le grandi riforme civili e tutti i diritti più evoluti rivolti alla società sono di quell’epoca. Gli intellettuali si confrontavano in dibattiti pubblici e in riviste lette da migliaia di persone. La diffusione di scritti su fogli porosi, striati di macchie d’inchiostro, e l’editoria tutta, coinvolgevano innumerevoli lettori. Persino i pensatori che mettevano in guardia sull’eccessivo ottimismo verso la società iper-sviluppata sono di quell’epoca. Esempi come il gruppo di Roma, che per primo indicò i rischi di sostenibilità ambientale; o intellettuali come Pasolini o Ivan Illich, che in ambiti e con argomenti diversi riflettevano su questioni come il rapporto tra l’uomo e la tecnica, appartengono ai piani alti di quell’edificio che abbiamo definito “tensione alla conoscenza”.

Una possibile risposta all’attuale rilassamento della tensione può essere data proprio dai progressi tecnologici. Sembra che trasferendo competenze umane alle macchine si ottengano, oltre a innumerevoli vantaggi, anche l’orribile conseguenza di perdere capacità e abilità. E’ stato dimostrato in tanti studi che, con l’avvento della stampa a caratteri mobili, si sono perse le capacità offerte dalla trasmissione orale. Insieme alla maggiore capacità di archiviazione, con la stampa sono nati gli analfabeti, poiché si è persa l’abitudine di leggere ad alta voce, a vantaggio di chi non sapeva.

Oggi la capacità di archiviazione è ulteriormente esplosa grazie ai computer e a internet, dunque si potrebbe prefigurare un rilassamento sociale proprio per quanto prima detto: visto che posso sapere tutto quel che mi interessa in un lampo (google, wiki, motori di ricerca vari) non sono stimolato a conoscere usando le capacità mentali. Oggi il quotidiano è aggrovigliato in un’enorme massa di informazione. Viene così narrata una certa lettura del mondo. Sembra prefigurarsi la tendenza delle nuove generazioni a confondere il reale e il virtuale; la piazza dove ci si incontra e i social network, che in fondo sono anch’essi una piazza per conoscersi e incontrarsi, vengono continuamente sovrapposti.

Questi sono tutti indizi che potrebbero suggerire l’attuale disinteresse a conoscere.

In conclusione va però precisato che stiamo parlando delle tendenze generali, considerando i singoli non c’è dubbio che oggi esistono potenzialità incalcolabili. In un certo modo aumentano le sperequazioni: ci sono più super specialisti, veri picchi di conoscenza (“eccellenze” è il termine alla moda) che sbucano in un mare di mediocrità. Chi sa cogliere la posizione privilegiata del nostro tempo può guardare molto lontano, come se fosse sopra le spalle dei sapienti del passato; per contro l’aspirazione illuminista di evoluzione complessiva della società incomincia a fare acqua… la domanda è: ci si deve preoccupare, o va tutto bene?

Paolo Bosco

05/04/2011

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