Sue Halpern

Cosa rende i cani cani

da ''The New York Review of Books''

JOHN HOMANS,What’s a Dog For? The Surprising History, Science, Philosophy, and Politics of Man’s Best Friend, Penguin, pp. 258, $25.95

JIL ABRAMSON,The Puppy Diaries: Raising a Dog Named Scout, St. Martin’s Griffin, pp. 242, $14.99

ANTROPOLOGIA E SOCIOLOGIA: In questo divertente articolo, Sue Halpern analizza la storia e l’evoluzione della relazione che lega gli esseri umani a quelli che si dicono siano i loro migliori amici: i cani.

Dopo pochi paragrafi del suo affascinante racconto sulla crescita di un cucciolo di Golden Retrivier chiamato Scout, basato sull’articolo che lei scrisse per il giornale che lei gestisce, l’executive editor del ‘New York Times’ Jil Abramson casualmente risponde alla domanda del titolo del libro di John Homans What’s a Dog For (A cosa serve un cane?). È la prima volta che ha posato gli occhi sul suo nuovo cane, e ciò causa la sua riflessione sul vecchio cane, un West Higland Terrier brontolone di nome Buddy: «Ero follemente innamorata di Buddy e gli perdonavo tutti i suoi peccati». scrive. «Sembrava che mi desse  anche una patente come persona gentile».

Così hai la risposta. I cani servono all’amore, all’affetto, e a renderci uomini migliori.

Homans, editor executive della rivista ‘New York’, lo sa bene. Egli era alla mercé di Stella, un bastardo mezzo labrador recuperata dal canile, e prima di lei era infatuato del cane di sua moglie, di nuovo un west higland terrier brontolone cui era accaduto di chiamarsi, abbastanza stranamente, Scout. Ma Homans sa anche che i proprietari di cani non si meravigliano mai della stranezza di condividere la vita e la casa con un membro di una specie differente. Siamo così abituati ai cani che non pensiamo neppure cosa significhi o come sia successo.

Stella, perciò, porta con sé il genere di domande su cui i giornalisti amano trastullarsi: Da dove viene – geograficamente, geneticamente, storicamente? Perché ha questo aspetto? Quanto è intelligente? Ha una coscienza? Perseguendo questi ed altri misteri, Homans affronta la relativamente nuova disciplina della scienza canina, che mira «a fare luce su ciò che rende cani i cani, ma anche su ciò che rende le persone persone», e il lettore viene proiettato in questa ricerca.

Cani e uomini hanno cominciato il loro cammino insieme circa 15.000 anni fa. I reperti fossili supportano questa tesi, come pure un’analisi del DNA mitocondriale dei peli di circa 650 cani intrapresa dallo scienziato svedese Peter Savolainen. Un altro studio del DNA, del biologo evoluzionista Robert Wayne, mette insieme cani e uomini da 135.000 anni, il che significherebbe che i cani erano presenti vicino al momento della nascita di quella che è considerata essere la cultura moderna, ma non ci sono studi archeologici che lo confermano, così la data più recente è la più comunemente accettata. Ciò che non è in discussione è l’eredità ancestrale dell’addomesticamento. Un DNA mitocondriale del cane differisce da quella del lupo grigio per un mero 02 per cento. (I coyote, per contrasto, hanno una differenza del 4 per cento). Nel parere di Robert Wayne «i cani sono lupi grigi».

Tuttavia i cani, ovviamente, non sono lupi. Non sembrano lupi eccetto che per le loro caratteristiche più generali, non si comportano come lupi, e sono rispettati e celebrati nell’immaginazione popolare così come i lupi sono temuti e combattuti. Cappuccetto rosso, I tre piccoli porcellini, Harry Potter e Twilight, i bambini sono educati a temere i lupi. Tale “lupofobia” ha prodotto l’estinzione del lupo nella maggior parte del suo habitat naturale, specialmente negli Sati Uniti, dove la prima taglia per la caccia ai lupi fu stabilita nel 1630 nella colonia della Massachusetts Bay e dove, più di trecento anni dopo, la popolazione dei lupi era diminuita al punto che il Governo Federale dichiarò il lupo come una specie in via di estinzione. Solo nei decenni recenti, attraverso una campagna pubblica concertata e spesso piena di polemiche, la popolazione del lupo grigio ha fatto ritorno, benché la protezione data loro sia stata ora abolita in molti stati,  – è ora in attesa di decisione – un anno fa lo stato dell’Alaska abbia prodotto una scappatoia alle leggi federali per approvare la caccia al lupo dall’aereo. La lupofobia persiste.

Eppure, la genetica è chiara: i cani si sono evoluti dai lupi e la questione è: erano come i loro antenati più passivi del branco? Quelli che giravano più volentieri intorno agli accampamenti degli uomini? Desiderando rispondere alle richieste degli uomini? La gente del tempo allevò deliberatamente questi lupi che erano più in sintonia con loro, comprendendo il loro valore come cacciatori e guardiani o anche come compagni di gioco? O essenzialmente i cani si addomesticarono da loro stessi, così come un animale docile si accoppia a un animale docile, creando così per caso una specie attenta ai bisogni dell’uomo? E questi precursori dei cani possedevano qualche tipo d’intelligenza emozionale che li rendeva in grado di leggere i segnali dell’uomo sociale al di sopra e più di ogni altro animale, perciò sviluppando come scrive John Homans «un nuovo meccanismo mentale per comunicare con gli uomini che i lupi non possedevano: la lettura del pensiero, così com’è definita nel mondo dell’apprendimento comparato»?

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