Musica e Teatro – Aprile 2011

L’attore nasce solo

di Roberto Cuppone

Recensione su: Paolo Puppa, La voce solitaria, Roma, Bulzoni, 2010

Forse il millennium bug, il tarlo delle coscienze, il trismegisto traghettatore dal secolo delle ideologie è sempre lo stesso solitario ipocrites, che fra corpo e testo continua a istituirsi a memoria, exemplum, officiante dell’ultimo dei riti?

Paolo Puppa, tanto studioso quanto attore/autore, approda a questa vera e propria enciclopedia, La voce sola, la più ampia e ragionata panoramica oggi esistente sulla performance solitaria d’attore, oltre alle riduttive classificazioni di genere. Già noti sono: il cosiddetto “teatro di narrazione” (Paolini, Baliani, Curino, Celestini, Pirrotta, Perrotta, Enia, Musso), da cui discendono performers di fama internazionale (Fo, Benigni); l’esemplarità di Scabia, Bene, De Berardinis, Gaber; certe traiettorie un po’ eccentriche per essere perlopiù mediatiche (Grillo, Rossi), originalmente “etniche” (Ovadia) o “tentazioni” episodiche di attori, scrittori e giornalisti (Proietti, Baricco, Saviano). Nonostante riordinare questa rosa sia già di per sé un’impresa, Puppa riesce anche ad affiancare loro il monologare femminile (dalla capostipite Franca Valeri, a Giagnoni, Fabbris, Costa, Manicardi, Rocca, Cortellesi), consacrare new entries (Rezza, Cosentino, Ventriglia, Bucci, Sinisi), segnalare le fascinazioni primitive dei griots africani (N’Diaye) piuttosto che della multimedialità (Verde), a individuare “scuole di solitudine” del performer, come il Laboratorio Teatro Settimo per la generazione dei narratori o, mutatis mutandis, Zelig, per il rigoglioso turn over di comici (Luttazzi, Albanese, Zalone).

È evidente come il comune denominatore fra tutte queste voci, solitarie ma difformi e numerose, non sia il genere (comico, tragico), la provenienza (cabaret o ricerca, accademia o piazza), le competenze (musicali, canore, mimiche), il linguaggio (culto o popolare, puro o contaminato). A tutti – questa è l’intuizione del saggio – è sottesa un’istanza di carattere etico, un ombelicale rapporto di autorialità con la perfomance: non quello tradizionale della stesura del testo, bensì quello dell’ideazione dell’impresa, della scrittura in scena in tutte le sue varie possibilità, dell’assunzione di responsabilità del prodotto finale, del rapporto complice e diversificato con lo spettatore. Infine, il saggio fornisce una dovizia di informazioni, spesso in forma di testimonianza diretta, così che fra i suoi valori aggiunti si registrano ancora: una panoramica dell’editoria minore, della produzione audiovisiva e delle nuove riviste on line che accompagnano queste esperienze diventandone sempre più costituenti; l’attenta osservazione di tecniche recitative anche minimali (la “maschera” di Paolini); la dismissione di categorie (“teatro di narrazione”) che talvolta, come la nouvelle cousine, servono solo a far sembrare di lusso alcune ricette popolari.

Saltando gli storicismi, il libro ci riconduce indirettamente alla riflessione di apertura: l’attore nasce solo, fin dai tempi di Tespi, e che invece l’idea di compagnia è un incidente di percorso. E ci restituisce un’evidenza smarrita, finora invisibile in quanto troppo evidente: il teatro italiano del terzo millennio è proprio un “affollamento di solitudini”.

451 consiglia

451 frammenti sonori
trasmissione d’indagine sulle musiche sperimentali d’oggi rapportate alle loro avanguardie; in onda su Radio Città del Capo la domenica alle 23:30.

Proviamo ad andare in avanscoperta tra le ARCHI-tetture Sonore:
(trasmissione radiofonica del 7 marzo 2011)

Archi e Architetture sonore non è solo un gioco di parole ma è soprattutto un riferimento all’utilizzo sperimentale e strutturale degli strumenti ad arco.
Nella musica contemporanea, minimalista, nelle musiche ambientali, nelle improvvisazioni radicali, nel jazz d’avanguardia, nelle musiche elettro-acustiche sperimentali, gli archi e le sue derivazioni sono elementi, spesso fondanti, delle strutture sonore e delle architetture compositive.
Violini, viole, violoncelli, contrabbassi e altri strumenti ad arco sono spesso manipolati, devastati, trasformati nella loro oggettività materiale per creare nuove sonorità, differenti tonalità o antitetiche frequenze. La trasformazione materiale produce un ribaltamento concettuale e sonoro rispetto all’uso canonico che li ha sempre accompagnati nel loro utilizzo tradizionale.
Compositori minimalisti e sperimentali come Henry Flynt, sviluppano un’attitudine a trasformare il suono del violino, elettrificandolo o manipolandolo nella creazione delle frequenze in uscita, per creare un suono urticante e ipnotico come nello splendido “C Tune” del 1980. Nella stessa direzione si muovono progetti musicali più recenti come Noise – Maker’s Fifes e Mersault che, nei rispettivi “Cruelty has a human heart” del 1996 e “Raymonde & Marie” del 2007, sviluppano una trasformazione sonora degli archi utilizzati in fase di post produzione, modificando il suono originale con effetti e digitalizzazioni frequenziali.
Pelt, formazione statunitense che si muove nel solco del Folk-drone, nel disco “Daulphin Elegies” del 2008, utilizza il violoncello modificando il suono sia elettronicamente che attraverso una sovrapposizione sonora dello stesso strumento , creando così un flusso ridondante e avvolgente che si confonde con le altre frequenze sonore prodotte da chitarre, harmonium e percussioni.
Particolare attenzione merita il disco “Fluvine” del 1976 di Fernando Grillo, compositore italiano d’avanguardia, che, attraverso l’etichetta sperimentale italiana Cramps (emblematica nella ricerca sonora e musicale del Movimento politico/artistico d’Avanguardia dei settanta), costruisce un viaggio sonoro attraverso la destrutturazione del contrabbasso acustico, graffiato e sporcato dall’archetto e da una registrazione low-fi che, nel loro insieme, sviluppano un filo rosso che lega il corpo del musicista a quello del contrabbasso. Grillo compone ed interpreta il suo agire attraverso le scultore sonore create dal suo strumento divenuto parte esso stesso della sua immaginazione.
Autori e compositori come Steve Reich, Gavin Bryars e Salvatore Sciarrino, nei rispettivi album “Desert Music” del 1984, “Three Viennese dancers” del 1986 e “Caprices Pour Violin” del 1976, incentrano la loro sperimentazione sugli strumenti ad arco attraverso l’aspetto compositivo e strutturale. Nel lavoro del celebre compositore minimalista Steve Reich, l’orchestra di archi sviluppa, sul piano compositivo, una struttura ciclica con micro-variazioni che produce un flusso sonoro ritmico e ipnotico. Gavin Bryars elabora una composizione articolata e complessa, sempre nell’ambito del minimalismo, ma con una maggiore attenzione all’aspetto prettamente strutturale della scrittura musicale, disorientando la percezione dell’ascoltatore sul piano temporale e spaziale.
Salvatore Sciarrino, nel solco della musica contemporanea, elabora un intreccio vorticoso di violini, spesso dissonanti e stridenti, che spingono l’ascolto verso una caoticità disturbante e minacciosa.
Tutti gli autori citati, sono comunque accomunati dalla ricerca sonora e compositiva sugli strumenti ad arco, utilizzati e destrutturati verso la costruzione di multiformi architetture sonore. Una ricerca sovversiva che vuole e riesce a rompere i canoni classici dell’uso dello strumento per disvelarne le potenzialità creative insite nella sua oggettività.

451frammentisonori

Ascolta la puntata di ARCHI-tetture Sonore:

(anche sul blog di 451frammentisonori/)

Parte prima

Parte seconda

In Italia

AREZZO

Teatro Pietro Aretino. La donna che sbatteva nelle porte, il romanzo di R. Doyle sull’universo femminile, è interpretato in un monologo da M. Massironi (il 14 e 15 aprile). Mi voleva Strehler è uno spettacolo cult degli anni ’70 che vuole essere una satira del teatro degli anni ’60 e ’70 (il 27 e 28 aprile). Via Bicchieraia 32. Tel. 0575377503.

BOLOGNA

Teatro delle Celebrazioni. Il nuovo spettacolo di M. Travaglio propone, dopo il successo del precedente, nuove riflessioni pungenti e sarcastiche sulla situazione politica e culturale italiana (dal 26 al 30 aprile). Via Saragozza 234. Tel. 0516153370.

Auditorium Manzoni. Eva Yerbabuena, la più importante ballerina e coreografa di flamenco, apprezzata in tutto il mondo, si esibisce con un gruppo di musicisti, fra cui il chitarrista P. Jarana (il 30 aprile). Un americano a Parigi di G. Gershwin, trasposto al cinema da V. Minnelli, è adesso anche balletto, interpretato da R. Paganini, con le coreografie di L. Martelletta (il 5 maggio). L’Etno Jazz PAN Orchestra, fondata da G. Zagnoni, continua a proporre la sua rassegna di musica jazz multietnica (il 21 aprile e il 13 maggio). Via De’ Monari 1/2. Tel. 0512960864.

FIRENZE

Teatro Comunale. Aida di G. Verdi, opera in 4 atti diretta da Z. Mehta (il 28 aprile e dal 3 al 12 maggio). Zubin Mehta / Daniel Barenboim: Z. Mehta dirige l’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino e il pianista D. Barenboim, che interpreterà un concerto e una sinfonia di L. van Beethoven (il 29 e 30 aprile). Corso Italia 16. Tel. 0552779350.

MILANO

Teatro alla Scala. Jewels, balletto coreografato da G. Balanchine, in tre atti, che si ispira alle pietre preziose, sulle musiche di I. Stravinskij, G. Fauré e P.-I. Čajkovskij (dal 12 al 26 maggio). Via Filodrammatici 2. Tel. 0272003744.

Teatro Manzoni. Eduardo: più unico che raro! è il nuovo spettacolo di G. Sepe, con R. Papaleo, dedicato al maestro De Filippo: vengono rappresentati quattro atti unici scritti dal regista e attore napoletano nell’arco di un decennio (dal 26 aprile al 15 maggio). Via Alessandro Manzoni 42. Tel. 027636901.

ROMA

Teatro Argentina. Operette morali di G. Leopardi messe in scena da M. Martone (dal 3 al 15 maggio). Largo Torre Argentina 52. Tel. 06684000311.

Teatro dell’Opera. Béjart, Balanchine, Robbins è un tributo ai tre grandi coreografi del Novecento: il corpo di ballo del teatro, assieme a importanti artisti ospiti della serata, si esibirà in tre celebri coreografie che portano la loro firma, sulle musiche di Offenbach, Čajkovskij e Chopin (dal 3 all’8 maggio). Piazza Beniamino Gigli 7.

Tel. 06481601.

UDINE

Teatro Nuovo Giovanni da Udine. Legacy Tour, spettacolo di danza della Merce Cunningham Dance Company, coreografata da M. Cunningham, uno dei padri della danza contemporanea del secondo Novecento (l’11 e il 12 maggio). Sentiti da vicino: Stefano Gervasoni: continua la rassegna di musica contemporanea che propone a maggio uno dei musicisti e compositori italiani più interessanti in questo genere, S. Gervasoni (il 19 maggio). Via Trento 4. Tel. 0432248418.

VERONA

Teatro Filarmonico. Omaggio a Rota, balletto sulle musiche su N. Rota, con l’allestimento della Fondazione Arena di Verona (dal 6 all’11 maggio). Via dei Mutilati 4/K. Tel. 0458005151.

Nel Mondo

LIPSIA

Oper Leipzig. Jim Morrison: una delle icone della musica rock, Jim Morrison, rivive attraverso lo spettacolo di danza del Leipziger Ballett, coreografato da M. Schröder (il 13 maggio). Oper Leipzig, Augustusplatz 12. www.oper-leipzig.de.

NEW YORK

Neil Simon Theatre. Catch Me If You Can, basato su una storia vera e derivato dal successo dell’omonimo film, questo musical viene messo in scena per la prima volta, per la regia di S. Wittman e M. Shaiman (fino a ottobre 2011). 250 West 52nd Street.

PRAGA

Španělská synagoga. The Best of Gershwin è dedicata al grande compositore del Novecento e alle sue opere più famose come Rapsody in Blue, An American in Paris e Summertime (fino al 27 giugno). Španělská synagoga, Vězeňská 141/1. www.classictic.com.

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