Gianfranco Pasquino

Memoria del Risorgimento

DOMENICO FISICHELLA, Il miracolo del Risorgimento. La formazione dell’Italia unita, Roma, Carocci, 2010, pp. 218, € 15,00

Nel 2011 l’Italia celebrerà (“festeggerà” mi sembra, date le circostanze e le premesse, davvero eccessivo) il 150° anniversario della formazione dello stato. Il paese si avvia verso quella che è, comunque, una ricorrenza importante, sull’onda, bassa e brutta, di polemiche, di recriminazioni, di tensioni e, naturalmente, di “revisioni”. Già riversate in maniera balorda sulla Resistenza, che sembra essere quasi esclusivamente stata il prodotto di italiani che cercavano la vendetta su altri italiani e che la consumarono per diventare essi stessi classe dirigente, le presunte revisioni del Risorgimento e delle sue conseguenze hanno caratteristiche simili. Nelle nuove prospettive, certamente non opera di affermati e autorevoli storici, il Risorgimento sarebbe stato il prodotto delle ambizioni di un re alla ricerca di un territorio più vasto su cui regnare, della presunzione di un piccolo uomo politico piemontese con manie di grandezza, di un avventuriero alla ricerca di imprese eclatanti per soddisfare il suo ego, di un visionario alquanto confuso, sempre e del tutto incapace di commisurare i suoi sogni alle forze concrete in lotta. Al confronto di Vittorio Emanuele II, di Camillo Benso Conte di Cavour, di Giuseppe Garibaldi, di Giuseppe Mazzini, si staglierebbe, per alcuni, la luminosa e virtuosa figura di Carlo Cattaneo, si profilerebbe un papa (qualsiasi papa) benevolo e sollecito delle sorti della sua cattolicissima (ancorché da lui, da loro, mal governata) Italia, di un Borbone progressista alla guida di un Regno delle Due Sicilie prospero e avanzato, un vero faro fra le monarchie europee e, naturalmente, un impero Austro-ungarico multiculturale, efficiente e liberale. In estrema sintesi, questa è la deplorevole fiaba revisionista.

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