Valerio Corzani

Radio3suCarta. Hugo Pratt e altre latitudini (4° parte)

Ritorno a Venezia, i luoghi della musica e il Grande Nord.

Passioni è un programma articolato in cicli monografici della durata variabile dalle 2 alle 10 puntate. Ogni ciclo propone una narrazione ed una esplorazione condotta in prima persona dal protagonista o dai protagonisti intorno a quella “passione” che è al centro del tema scelto e si avvale di interviste, archivio sonoro, musiche. Passioni non vuole offrire un approccio giornalistico o didascalico ma piuttosto l’esperienza viva dei protagonisti, la loro storia, le loro emozioni.
A cura di Cettina Flaccavento
regia di Ornella Bellucci
conduce Valerio Corzani

“Hugo Pratt e altre latitudini”, è un viaggio da compiere insieme all’autore di Corto Maltese.

Immaginate di mettervi davanti agli occhi una mappa che rappresenta le traiettorie e i tracciati delle avventure di Corto Maltese: è facile arrivare alla conclusione che quasi tutto il globo terracqueo sia stato attraversato. Anche se dal punto di vista della cronologia e della collocazione temporale c’è una predilezione per le storie ambientate nei primi anni del novecento. Lo stesso Pratt ha detto che la cosa più bella per uno scrittore d’avventura è morire trafitto da meridiani e paralleli. “Hugo Pratt e altre latitudini” è il titolo di questo ciclo, utilizzato per sottolineare l’inclinazione dell’autore verso una sua personale geografia, che porta con se particolari immagini e suoni. Hugo Pratt del resto, è stato uno dei più grandi fabulatori del secolo scorso, capace, come ha scritto Oscar Cosulich, di trasformare in romanzo la propria esperienza di vita. Prima ancora di dedicarsi alla letteratura e all’acquerello, si divertiva a recitare piccole parti nei film di registi suoi ammiratori, senza mai accettare di se stesso altra definizione che fumettaro. 

Hugo Pratt. Sì, fumettaro. Perchè è una brutta parola fumettaro. Voglio essere un fumettaro, perchè fumettaro forse è un’offesa. I miei colleghi preferiscono essere chiamati illustratori, disegnatori, grafici, altre cose, ma io penso che invece al giorno d’oggi, essere un operatore del mondo della fantasia, come lo può essere un fumettaro, è ancora una cosa importante.

L’identificazione di Hugo Pratt con il disegno va di pari passo con l’identificazione di Hugo Pratt con quella che è diventata l’icona Corto Maltese.

Hugo Pratt. Ho incontrato moltissima gente convinta di essere Corto Maltese. Ho trovato individui grassi, piccoli, alti, snelli, brutti e belli, sempre convinti di avere qualcosa in comune con la personalità di questo personaggio, di questo individuo, di questo disegno. È un buon amico Corto Maltese. L’amico che forse molti vorrebbero avere.

E se Hugo Pratt trovava continuamente persone che dicevano di somigliare a Corto Maltese, è certo, ed è stata questa la molla per iniziare questo viaggio planetario, che molto sono interessate a Hugo Pratt le geografie. Abbiamo chiesto a Luca Boschi –  fumettista, scrittore, esperto di fumetti – una riflessione sul rapporto tra le “geografie” e Hugo Pratt.

Luca Boschi. Hugo Pratt ha sempre dichiarato di essere stato un grande giramondo, lo si vede dalle cose che ha fatto, dai disegni, dalle grandi illustrazioni, dai fumetti e dai luoghi dove ha “spedito” Corto Maltese e tutta un’altra serie di suoi personaggi nelle più diverse latitudini del mondo, ma soprattutto dai suoi racconti, i racconti condivisi con gli amici davanti a una birra o a un’“ombreta de vin”. C’erano dei momenti in cui con la chitarra in mano suonava, raccontava delle storie, ricordava dei pezzi di melodie che aveva scoperto nei luoghi che aveva visitato. Il sospetto che ha colto alcuni di noi è che in realtà molti di questi viaggi, queste sue personali geografie, fossero in buona parte immaginate. Potrei quasi dire, ma è difficile affermarlo con certezza millimetrica, che alcuni dei viaggi che ha dichiarato di aver fatto in certi periodi, li ha fatti soltanto in tarda età, quando, nella sua versione ufficiale, stava ripercorrendo le tracce che aveva già percorso in passato.

Pratt sognatore di viaggi, ma anche viaggiatore vero. Pratt che spesso e volentieri, per una buona parte della sua vita, è tornato a Venezia. Sulle carte geografiche probabilmente, Pratt cercava subito degli spazi bianchi, dei territori inesplorati, e veniva preso dalla voglia di andare a vedere cosa capitava in quegli spazi vuoti, così propizi all’avventura. Negli ultimi tempi si lamentava perchè le zone bianche erano sempre più rare, ma aveva un’alternativa, oltre a quella dell’atlante. Infatti esiste una geografia che porta oltre le frontiere del reale, a dimensioni fiabesche. E Pratt sottolineava: «La storia bisogna inventarsela nel sogno, dove è più labile nel confine tra sogno e realtà».

Così a Corto Maltese è capitato sempre più spesso di attraversare lo specchio, di addentrarsi lungo le piste del magico, mai assente nelle trame di Pratt, dove un mistero incombente avvolge la realtà, anche quella più solare. Lo specchio forse è una di quelle porte del ghetto vecchio di Venezia, dove Hugo Pratt razzolava bambino, aprendo le quali è possibile andarsene verso paesi meravigliosi. Il magico che entra a Venezia, e Hugo Pratt che ci torna. A ricordare frammenti di laguna e il suo rapporto con Pratt arriva Guido Fuga, un collaboratore della prima ora.

Guido Fuga. C’era un rapporto di grandissimo amore con questa città. Subito Hugo mi faceva notare come tutto stava peggiorando, come tutto si stava involgarendo. Infatti, anche la fiaba di Venezia, Corte Sconta1, è una sorta di omaggio. Venezia, i palazzi di venezia, le calli,  in quell’album gliel’ho disegnate io e lui prima mi ha detto: «Devi fare una Venezia che sia come un teatro, come se il lettore intravedesse delle quinte». Per cui la Venezia vera che abbiamo messo è finta. Sembra Venezia, ci son dei posti di cui mi chiedono «E questo dov’è?», e lì è andato a braccio, ci ha messo dentro un po’ delle cose con la Massoneria, perchè era il periodo di questa storia, queste suggestioni fiabesche che uscivano fuori, i fascisti, D’Annunzio, ma andava a braccio. Un giorno eravamo così, a tavola, con uno che stava lavorando, con Mariolina2 che faceva i colori e senti che Hugo comincia: «Mmh mmh». Allora a un certo punto vedi che fa l’ultima vignetta, una porta, e fa: «Toc toc! Bene, adesso andiamo a magnare e domani vediamo chi arriva». Lui aveva una libertà totale, anche la libertà di inserire le filastrocche veneziane: «ea rusa, ea rasa, ea core par ea casa… nissuni ea vede, ma tutti ea sente». I francesi han chiamato: «Ma come si traduce?». Ed era questa la libertà, Pratt era ad una altro livello rispetto ai suoi colleghi. Io quando sono andato con lui i primi anni a Lucca, al festival del fumetto, ne ho visti tanti di grandi professionisti, anche di grandissimi, ma di artisti, di artisti come lui, ne ho visti pochi.

Artisti pochi, dice Guido Fuga. Alla fine tutti gli amici riconoscono la genialità di Hugo Pratt, che in realtà fin da subito si è dimostrato un grande disegnatore, un inventore di storie con un talento davvero unico. Ivo Pavone, che coinvolgiamo invece adesso, in questo consesso di ricordi, tocca di nuovo Venezia, sottolinea ancora una volta quello che era l’input principale della sua sensibilità, anche di quella professionale: quello nomadico.

Ivo Pavone.  Lui non poteva fare a meno di viaggiare, era un istinto che letteralmente lo prendeva e  lo portava via. Era inquieto, e c’era anche una ragione. Pratt era un Narciso. Una volta mi disse «Sai, quando uno viaggia, quando arriva in un posto è lui la novità». E lui voleva essere sempre la novità. Noi che stavamo fermi aspettavamo che lui arrivasse per portarci la novità, ma questo succedeva anche quando era ragazzo, perchè ogni giorno lui doveva avere una storia. Quando ci trovava la sera, lui ci raccontava la sua giornata avventurosa. Se non aveva niente da raccontare, non si faceva vedere. Alcune volte, però, inventava. Quando era in Francia, che lavorava per ‘Pif’3 e non lo potevano pagare più di tanto, lui si faceva pagare coi biglietti aerei, e quindi con quello ha viaggiato. Lo stesso quando è andato in Argentina a comprare del materiale per conto di Valdi, gli erano rimasti parecchi soldi ed è andato a scoprirela Foresta Amazzonica, insomma. Lì ha fatto un mese e ha incontrato John Dos Passos nella foresta… un incontro bellissimo, magico, una coincidenza piena di significati.

Ed è a questo punto il nostro collaboratore e giornalista Pietro del Soldà che viene invitato a svelare anche le motivazioni più intime e geografiche del suo amore per Pratt e il rapporto con Venezia, i motivi per cui un appassionato di letteratura disegnata rimaneva affascinato in maniera così preponderante dal genio di Hugo Pratt.

Pietro del Soldà. La Venezia di Corto Maltese ingloba dentro di sè il mondo, e infatti riemerge dappertutto, riemerge nei luoghi più lontani, è una mappa del mondo intero, forse. E soprattutto è la città che sta al confine tra il reale e l’immaginario, tra la natura e l’artificio. Questa non è solo l’interpretazione poetica, è la verità storica di Venezia, che in fondo è anche una grande follia artistica, ingegneristica e architettonica, creata in un ecosistema che in realtà è artificiale, come la laguna con la sua rete di canali. Riuscire a non dimenticarlo evitando che si trasformi in cartolina è il più grande tributo che possiamo fare a Venezia.

Abbiamo più volte sottolineato il rapporto di Hugo Pratt con i suoni, l’abbiamo evocato. Ora vorremmo sviscerare il contributo dei suoi amici e degli esperti. Vorremmo approfondire un po’ meglio il rapporto tra Hugo Pratt e la musica. Ecco, i viaggi, sia quelli immaginati sia quelli reali, si portano dietro anche dei suoni. Spesso musicisti Hugo Pratt ha disegnato anche i musicisti e le musiche.

Luca Boschi. Il fatto di scrivere il pentagramma o delle note è stata una delle caratteristiche di alcune storie del fumetto italiano di questo periodo, poi ripresa, guarda caso, da ammiratori di Hugo Pratt e colleghi, come Giancarlo Berardi e Ivo Milazzo in Ken Parker4, che è un’altra serie molto importante, sviluppatasi tra la fine degli anni ’70 e gli anni ’80. Vedere le note insieme all’evocazione di melodie è una cosa molto particolare. Come se il lettore nella sua testa, mentre legge la parola scritta, sentisse risuonare anche  delle note. Se anche non le riconosce, qualcosa comunque di musicale gli arriva.

Sono tante le musiche citate direttamente nelle storie disegnate da Hugo Pratt: il tango, il jazz, il blues, il samba, la musica celtica, la musica sufi, i dervisci turchi, il flamenco, perfino il rara haitiano. Del resto, in molti hanno sottolineato come il disegno di Pratt fosse molto musicale: era una specie di pentagramma per immagini che danzavano sulla tavola e aveva la capacità di disporre gli elementi come se fossero il refrain di una melodia. Anche questa è un’attitudine della quale abbiamo voluto approfondire i contorni con Alberto Ongaro, sceneggiatore, scrittore e collaboratore di Hugo Pratt. Sembra un po’ strano che da un personaggio pantagruelico, capace anche di trasformare in teatro plateale le proprie intuizioni, venisse fuori poi un disegno così scarno, così poetico, così lirico, che andava tutto di sottrazione.

Alberto Ongaro. Hugo si è semplicemente autocontrollato, non è che noi siamo mai intervenuti sul suo modo di raccontare, perchè lo condividevamo. Era un bel modo di raccontare, insomma. Il fatto estetico diventava primario, importava poco che lui smentisse se stesso creando un Corto Maltese poetico o solitario come era diventato dopo, perchè era bello. Era bello da leggere, era bello da vedere, quindi lui dimenticava quello che era. Ogni tanto saltava fuori, però. Usciva fuori con grazia, nel momento in cui vi era uno scontro di caratteri fra lui e un altro personaggio (non ricordo chi fosse), non nella Ballata, ma in una delle storie più piccole, in cui Corto Maltese, mentre l’altro lo sta minacciando, dice: “Io sono più cattivo di te”, che è una frase bellissima. In quel momento veniva fuori non l’arrogante e manesco Hugo Pratt, ma una persona passata attraverso la scuola della vita.

Nei tasselli musicali degli amori musicali, appunto, di Hugo Pratt, un ruolo importante, importantissimo, lo riveste il jazz. Quel mondo lì, con la capacità di trasformare in improvvisazione le intuizioni creative, doveva avere qualche affinità con il suo approccio alla professione. Ivo Pavone ci ha parlato del loro mènage argentino e delle schermagli che riguardavano il jazz.

Ivo Pavone. Lui era matto per il jazz. Dizzy Gillespie era il suo poeta, infatti a un certo punto l’ha conosciuto. Siamo andati ad un concerto a Buenos Aires e poi l’ha seguito dove andava a cena, poi gli si è messo a fianco, gli ha fatto il ritratto e son diventati amici.

Questi amori, questi interessi, vengono trasformati in incontri veri e propri, nella scoperta di un humus. Per quanto riguarda il periodo argentino, questo humus aveva il sapore del Rock ‘n Roll o comunque della musica “giovane”. Alberto Ongaro sottolinea che il vero e proprio innamoramento, il vero e proprio grimaldello per entrare nel mondo dei suoni, per Pratt, è stato il jazz.

Alberto Ongaro. Noi a Buenos Aires abbiamo incontrato e conosciuto subito tre ragazzi romani che suonavano jazz in modo strepitoso. Anche noi, insomma, cantavamo bene. Hugo aveva una voce baritonale magnifica, tanto è vero che Roberto Leydi, mio collega, uno studioso della musica, voleva portarlo alla Fenice e fargli cantare le canzoni celtiche irlandesi che lui aveva imparato benissimo. La musica ci ha accompagnato fin dall’inizio, complice del nostro successo mondano e erotico. Anche la tristezza ne ha fatto parte, ma vi è arrivata attraverso il tango. È questa musica triste uno degli elementi che ha contribuito a creare Corto Maltese, questa musica triste, soave e ricca di note, di complessità.

Evidentemente il rapporto di Hugo Pratt con la musica si risolveva anche nella vita quotidiana in episodi di puro e semplice ascolto, quando non di esercizio alla chitarra. Silvina Pratt, la figlia, ricorda proprio le coordinate di ascolto: quali sono stati i dischi che ha più consumato, quali fossero gli artisti (alcuni anche abbastanza insospettabili) che Hugo Pratt prediligeva.

Silvina Pratt. La musica faceva parte della sua vita da sempre. Fin dalla sua esperienza in Etiopia, con le musiche militari e dopo, in Argentina. Aveva una grande quantità di dischi. Era molto curioso delle novità, ascoltava molto il jazz, gli piaceva tanto. Venivano anche musicisti a suonare a casa, gente di tutto il mondo. Dunque, la musica non direi classica, ma jazz, folk music americana, i Beatles, Carly Simon, Bob Dylan, Joni Mitchell.

Joni Mitchell, una voce davvero suadente, una grande capacità di introdurre testi molto densi. Evidentemente forse era anche questa una delle cose che piacevano molto a Hugo Pratt della scrittura di Joni Mitchell. Anche nelle tavole di Pratt i dialoghi erano importanti, avevano un’importanza pari a quella del disegno.

Joni Mitchell, artista canadese, artista “nordeña”. Ma è un altro nord che andiamo ora ad attraversare seguendo le peregrinazioni di Hugo Pratt e dei suoi personaggi.  Non è neppure quello tipico dei poli, non è quello Scandinavo, ma è naturalmente un nord particolare, che sta tra la Siberia, la Russia, la Cina, la Manciuria e la Mongolia. Insomma, una zona tutto sommato, come spesso capita nelle avventure di Hugo Pratt, non troppo conosciuta.

Pietro del Soldà. L’avventura asiatica di Corto inizia in una Corte Sconta veneziana, il giorno trentaquattro dicembre, a rimarcare che quanto si racconterà è tutto vero. Un viaggio nella storia della Cina, della Mongolia e anche della Russia post rivoluzione di Ottobre. Il viaggio di Corto li porta lungo la costa del Mar della Cina verso nord, in direzione Shanghai e poi su, fino agli altipiani della Mongolia, dove in quegli anni, tra il ’19 e il ’20, mentre i giapponesi premono dalla Manciuria e sbarcano a Vladivostok con i loro alleati, imperversa la follia di un personaggio molto strano: il barone Ungern Roman Sternberg, mezzo ungherese mezzo tedesco, che si crede la reincarnazione di Gengis Kahn. É una versione degenerata, allucinata e sanguinaria di Lawrence d’Arabia. Durante una tempesta di neve su quegli altipiani gelidi e misteriosi, nella mente di Corto, prigioniero dell’esercito di quel folle, appare attraverso il disegno di Pratt, il punto più estremo dell’avventura, una specie di controcanto alla violenza impetuosa di questi militari mongoli: Venezia.

Venezia come una “bea tosa spensierada” nei versi di un poeta, Eugenio Genero, che era anche il nonno materno di Hugo Pratt.

E con Pietro del Soldà archiviamo definitivamente Venezia. Stiamo per archiviare in qualche modo anche il nostro viaggio in compagnia di Hugo Pratt, questo grande creatore di costellazioni nomadi. Un piccolo contributo dedicato al suo stile ce lo regala ora Guido Fuga, che parla proprio di quella che era la sua caratteristica più specifica.

Guido Fuga. Lui aveva questa capacità di sintesi che era meravigliosa. Quando osservava un suo lavoro più vecchio mi diceva sempre:«Vedi? C’è troppo». Perchè tu vedi nelle facce tanti segnetti. Alla fine è arrivato proprio all’essenziale… L’ultima storia degli scorpioni5 è meravigliosa, proprio in questo senso: come son disegnati i Galla, questi guerrieri…Il segno è ormai proprio sintesi totale. E poi c’era questo suo innamoramento per il pennarello, che é una tragedia per la conservazione degli originali. La Ballata del Mare Salato è perfetta, perchè ancora lavorava a pennino e pennello. Diceva: «Vedi, qua bisogna fare la riga dei pantaloni e allora il pennarello è perfetto, è come il ferro da stiro». Questa linea sempre uguale e cicciotta che non cambia. Rifletteva sugli strumenti da lavoro, era sempre portato a togliere più che ad aggiungere. Poi si contraddiceva quando mi chiedeva, se io ad esempio cercassi di disegnare le ruote di un carro in movimento. Diceva: «Cosa? Io ti pago perchè voglio che sia fermato il fotogramma!». Da me voleva la precisione del dettaglio, allos chizzo poetico pensava lui. Infatti io dicevo sempre che ero il titolare degli “effetti speciali”, insomma di quello che secondo lui davano un po’ di peso al tutto. Per il resto la sua impronta era sempre più poesia, come nei suoi ultimi acquerelli. Questa sottrazione è come una magia. È proprio una manna dal cielo, una pitturafelice.

La precisione che richiedeva a Guido Fuga nella tavola e nelle strisce che disegnava è allo stesso tempo la voglia di rarefare sempre di più il tocco. Anche Ivo Pavone segnala alcune di queste caratteristiche, unitamente alla solita voglia di Hugo Pratt di alfabetizzarsi sul materiale che stava per affrontare.

Ivo Pavone. Tutti i grandi disegnatori penso che abbiano preso da lui. Moebius credo che abbia cambiato stile guardando Pratt, cioè prima era Giraud e poi è diventato Moebius6. Lo stesso Breccia7 è rimasto incantato da questa semplicità. Nel disegno, come anche nella pittura, bisogna togliere e mai mettere di più. Lui ha tolto tanto, è diventato essenziale. Ed è così elegante, perchè c’è l’eleganza poi dentro, c’è il gusto della figura, del sogno. Lui aveva questa memoria straordinaria e l’aveva anche in funzione delle cose che lui inventava. Essere un bugiardo significa avere una buona memoria.

Essere un bugiardo significa avere una buona memoria, dice Ivo Pavone, suggellando quella che è un po’ anche la mitologia legata alle storie e alla biografia di Hugo Pratt. Corto Maltese subisce la stessa sorte e ci sono tanti dialoghi in cui quest’inclinazione viene un po’ smascherata.

In un dialogo tra Queen Emma e Corto Maltese la regina chiede:

«Finalmente sei ritornato?»

«Buonasera Queen Emma, sono tornato».

«Dove sei stato tutto questo tempo?»

«In molti posti: Argentina, Havana, Europa nel ’13, in Africa e in Cina nel ’20, in Turchia e India nel ’24».

«Dovresti avere molti anni in più di quelli che dimostri, come fai?»

«Non lo so. Non l’ho mai capito, non so cosa dire».

Con questa negazione che nega tante cose, cronologiche e geografiche, si chiude questo viaggio intorno a Hugo Pratt e altre latitudini. Ma in realtà la vera chiusura è giusto che ce la dia lo stesso autore di Corto Maltese, svelandoci un ultimo fertile segreto.

Hugo Pratt. Sai, io ho avuto una grande fortuna. C’è un dono di natura che è quello di raccontare per immagini. Disegno fin da quando ero bambino, avevo quattro o cinque anni e avevo già dimestichezza col disegno. Avevo una nonna formidabile, che non mi diceva «copia Walt Disney!» o «Fai questo o quell’altro», ma mi diceva: «Disegna quello che hai visto oggi».

1. Corte Sconta, oltre a essere un’avventura di Corto Maltese, è anche il nome fantastico dato da  Hugo Pratt alla Corte Botera, che si trova nei pressi del Campo di SS. Giovanni e Paolo a Venezia. N.d.R
2. Moglie di Guido Fuga e colorista di Hugo Pratt. N.d.R.
3.Rivista di fumetti francese pubblicata dal 1969 fino al 2004. N.d.R.
4. Personaggio di fumetti western creato da Berardi e Milazzo nel 1977. N.d.R.
5. Si riferisce alla quinta delle cinque storie raccolte ne Gli Scorpioni del deserto, ambientata in Africa Orientale fra il 1940 e il 1942. N.d.R.
6. Jean Giraud (1938 – 2012), fumettista francese considerato uno dei grandi autori del mondo dei fumetti fantascientifici. N.d.R.
7. Alberto Breccia (1919 – 1993), fumettista argentino. N.d.R.

VALERIO CORZANI è autore e conduttore radiofonico, giornalista e musicista. Scrive di musica e viaggi per ‘Il Manifesto’, ‘Alias’, ‘XL’, ‘Slowfood’, ‘Il giornale della Musica’ e molti altri magazine. Collabora dalla metà degli anni ’80 con RadioRai. Attualmente è uno dei conduttori e autori di Alza il volume, ideatore e redattore di Sei Gradi e File Urbani, consulente musicale di Pagina3, Ad alta voce, Passioni, Tre Soldi, Fahrenheit, Wikiradio, tutte trasmissioni di Radio3. Come musicista è stato il bassista delle prime stagioni dei “Mau Mau”, il co-leader dei “Mazapegul”, il produttore e l’autore testi dei Daunbailò e oggi porta in giro il progetto elettronico “Corzani Airlines” e suona con “Gli Ex”.

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