Andrea Segrè

451 parole: limite

Possiamo pensare o meglio ripensare il concetto di limite come una nuova idea, definizione, percorso, paradigma dello sviluppo? Lo sviluppo del limite, contrario del limite dello sviluppo o meglio de I limiti dello sviluppo, il famoso rapporto pubblicato nel 1972 da Dennis Meadows e altri dove venivano analizzate le conseguenze della continua crescita della popolazione sull’ecosistema terreste (The Limits to Growth, 1972)? 

451 Parole - The Limits to Growth

The Limits to Growth

Penso di sì. Il limite, limès in latino, secondo il dizionario etimologico è un confine. I “limiti” per i Romani erano le pietre che segnavano i confini, pietre sacre che non potevano essere rimosse senza delitto, essendo sotto la protezione speciale di una divinità chiamata Limite o Termine. Si tratta di un concetto che, anche se la sua stessa natura sfugge a ogni tentativo di determinazione dal momento che esso stesso è termine che delimita, rimanda ad un aspetto importante per l’essere umano, un bisogno per così dire naturale: ovvero quello di porre dei confini, dei termini, delle limitazioni.

È questo il contesto in cui l’uomo, inteso come genere, deve operare. Da sempre, per dire la verità: le risorse naturali – la terra, l’acqua, l’energia – che l’uomo usa per le sue attività sono fisicamente limitate, sebbene rinnovabili nel tempo. Si tratta della cosiddetta sostenibilità – durare nel tempo –che qui abbiamo trattato più volte. La crisi dell’economia lineare, quella che deve crescere come se le risorse naturali fossero illimitate, impone un cambiamento di paradigma che ci riporta all’economia circolare, quella della natura (anche questa trattata più volte). 

In quest’ottica il limite, una volta riconosciuto e soprattutto rispettato, può a sua volta essere considerato una risorsa. Nel senso che va ripensato considerandone la forza, poiché, riprendendo dalla fisica, la forza è legata al lavoro. Riscopriamo dunque la potenza del limite, questa potrebbe essere la via per una cambiamento stabile e duraturo nel tempo. Vediamo come. 

Il limite, a ben vedere, può essere chiarito solo negli effetti delle sue azioni e delle sue delimitazioni, nelle relazioni che in esso sono poste e che esso stesso consente.  Diceva Ivan Illich: «Se vogliamo poter dire qualcosa sul mondo futuro, disegnare i contorni di una società a venire che non sia iper industriale, dobbiamo riconoscere l’esistenza di scale e limiti naturali. L’equilibrio della vita si dispiega in varie dimensioni; fragile e complesso, non oltrepassa certi limiti. Esistono delle soglie che non si possono superare. La macchina non ha soppresso la schiavitù umana, ma le ha dato una diversa configurazione. Infatti, superato il limite, lo strumento, da servitore, diviene despota » (La convivialità, 1974).

Attuale, no? Del resto, a più di 40 anni dal pionieristico rapporto ripreso in Italia da Aurelio Peccei per il Club di Roma, le conoscenze sui limiti biofisici della Terra in relazione alla crescita quantitativa e materiale sono aumentate notevolmente (si veda ad esempio il rapporto del Club di Roma 2015: A Global Forecast for the Next Forty Years, 2012, curato nell’edizione italiana da Gianfranco Bologna per Edizioni Ambiente). Tuttavia la coscienza economica e politica, e le azioni conseguenti, non sono andate di pari passo rispetto alla conoscenza e alla scienza.

Prendiamo il suolo, risorsa naturale limitata, sostanzialmente non rinnovabile e da tutelare secondo la definizione recentemente depositata in Treccani, nel data base dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana, il 5 dicembre 2014, Giornata Mondiale del Suolo: «Lo strato superiore della crosta terrestre costituito da componenti minerali, materia organica, acqua, aria e organismi viventi. Rappresenta l’interfaccia tra terra, aria e acqua e ospita gran parte della biosfera. Visti i tempi estremamente lunghi di formazione del suolo, si può ritenere che esso sia una risorsa sostanzialmente non rinnovabile. Il suolo ci fornisce cibo, biomassa e materie prime; funge da piattaforma per lo svolgimento delle attività umane; è un elemento del paesaggio e del patrimonio culturale e svolge un ruolo fondamentale come habitat e pool genico. Nel suolo vengono stoccate, filtrate e trasformate molte sostanze, tra le quali l’acqua, i nutrienti e il carbonio. Per l’importanza che rivestono sotto il profilo socioeconomico e ambientale, tutte queste funzioni devono pertanto essere tutelate».

Bene, si fa per dire, perché invece l’uomo erode il suolo 100 volte più velocemente dei processi naturali. La prova viene da una ricerca dell’University of Vermont e Imperial College di Londra pubblicata sulla rivista ‘Geology’: la rimozione delle foreste e l’agricoltura intensiva (in particolare cotone e tabacco) hanno accelerato l’erosione in pochi decenni di un fattore cento.

Verrebbe da chiedersi, a questo punto, di quanta terra realmente ha bisogno un uomo? Se non ha il senso del limite, un paio di metri bastano per seppellirlo, diceva Lev Tolstòj (Se di molta terra abbia bisogno un uomo in Tutti i racconti, vol. II, Mondadori, Milano 1996).

451 Parole: limite

Insomma cosa si può fare? Come possiamo educare le giovani generazioni, e non solo loro, al senso del limite? Ecco, questo è il vero punto: l’educazione ambientale.

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