di ANDREA SEGRE’
Proprio con due A: terraa. Perché, come sostiene Bill McKibben nel suo ultimo libro, Terraa. Come farcela su un pianeta più ostile (Milano, Edizioni Ambiente, 2010), in questo nuovo pianeta che abbiamo creato, più duro e ostile di quello che conoscevamo come terra, dobbiamo continuare a vivere abbandonando alcune delle abitudini che ci hanno portato fin qui, concentrati come siamo (stati) sulla crescita senza limiti. Limiti che invece ci sono per tutto, a partire dalle risorse naturali non riproducibili. “Nulla di troppo” (medén ágan) sosteneva la morale classica basata sulla misura e sulla conseguente condanna della violazione dei limiti. Superato il limite, la casa (òikos) di tutti noi, che è la Terra, ovvero l’ambiente di vita del nostro ecosistema, si degrada. E oggi l’impatto che deriva dal superamento del limite viene ampiamente riconosciuto e i suoi danni si possono valutare e, volendo, anche contenere. Ma si tratta di un riconoscimento virtuale, non seguito da un comportamento reale che si traduca in un cambiamento del modo di pensare la nostra “casa”, il nostro pianeta.