Geoffrey O’Brien

Come nasce Sentieri Selvaggi di Ford

da ''The New York Review of Books''

GLENN FRANKEL, The Searchers: The Making of an American Legend, Bloomsbury, pp.405, $28.00

CINEMA - STORIA: Geoffrey O'Brien ricostruisce la drammatica storia di Cynthia Ann Parker, una donna rapita da un gruppo di indiani Comanche nel 1836 in Texas all'età di nove anni che venne “liberata” nel 1860. La donna aveva ormai dimenticato il suo nome, la sua lingua natale ed era in tutto e per tutto un'indiana Comanche. Quasi un secolo dopo, John Ford si ispirerà a questa vicenda per realizzare uno dei suoi film più importanti: Sentieri Selvaggi. 

1.

Una mattina di maggio nel 1836, in un fortino chiamato Parker Fort, vicino al fiume Navasota in Texas, a circa novanta miglia a sud dell’attuale Dallas, una bambina di nove anni fu presa prigioniera da un gruppo di guerrieri Comanche. All’inizio del marzo 1955, un famoso regista, in un momento di crisi della sua carriera, cominciò a filmare un film vagamente ispirato a quell’evento successo tanti anni prima. Da queste storie separate – il rapimento di Cynthia Ann Parker e la sua lunga detenzione, e la lavorazione di Sentieri Selvaggi di John Ford con le sue proprie conseguenze culturali come capolavoro tardivamente riconosciuto – l’esperto giornalista Glenn Frankel ha costruito un libro potentemente suggestivo.

In realtà sono due libri, di lunghezza approssimativamente uguale. Nel giustapporre uno all’altro, Frankel valuta la sostanziale differenza tra i due. Ricostruendo il processo da cui un’esperienza di vita è trasformata in racconto e il racconto in materiale recuperato a disposizione dell’arte per essere sminuzzato e riarrangiato per i suoi propri scopi, il libro misura il varco che separa ciò che accadde da ciò che è infine messo a punto come rievocazione. Più connessioni Frankel stabilisce tra eventi che occorsero nel Texas del diciannovesimo secolo e l’uso che il film di Ford fa di essi, più livelli di incertezza e scollegamento traccia.

Tutto riguarda come viene trasferita e condivisa l’informazione. Ma da chi, con chi, e verso quale fine? Nel disporre gli elementi di queste storie – dedicandosi in modo particolare e attento alle personalità dei personaggi raccolte in esse, per quanto esse possano essere supposte – Frankel afferma non esserci risoluzione oltre un fastidioso senso di “implacabile ambiguità” incarnata dal film di Ford. Una ferita storica non guarita trova espressione in un film la cui straordinaria bellezza non può placare le emozioni contraddittorie e penose che risuonano al centro di quella ferita.

Sentieri Selvaggi non è un lavoro di storia ma di leggenda, tuttavia non è una leggenda che mette da parte la storia. Pervaso di temi ereditati di incursione, massacro, prigionia, ostilità razziale, cicli protratti di vendetta – segnato nei suoi episodi iniziali da un terrore che non può essere cancellato dai successivi sviluppi della trama – il film non può confinare il passato nel passato. Nell’ultima scena del film, una prigioniera liberata entra nell’interno oscuro della casa dove noi vorremmo immaginare che abbia trovato il calore della famiglia, mentre il suo liberatore, una figura condannata all’isolamento, si allontana camminando nel deserto. Il ricongiungimento è presentato con un’immagine di irrevocabile separazione.

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