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Norman Mailer aveva sedici anni quando scoprì John Steinbeck, John Dos Passos e James T. Farrell e, disse in seguito, «prese forma il desiderio di divenire un grande scrittore». Aveva venticinque anni quando il suo primo romanzo, Il nudo e il morto (1948), lo rese famoso per la sua forza narrativa e noto per il suo vocabolario da caserma. Divenne il più celebrato e il più vituperato scrittore americano del suo tempo, una fabbrica di un solo uomo che produceva racconti, romanzi, poesie, cronache sportive, saggi, testi storici e biografie in una prosa ampia e coinvolgente, che dirigeva film e testi teatrali,
che coniava slogan per le sue eloquenti proteste contro la guerra del Vietnam, che condusse una visionaria campagna per diventare sindaco di New York, che scandalizzava con le sue teorie sulla razza e sul sesso, con il suo talento come pugile dilettante, con i suoi sei matrimoni e innumerevoli storie d’amore, e con le sue risse alcoliche, in una delle quali, durante una notte di stordimento a base di bourbon e spinelli, pugnalò quasi a morte la sua seconda moglie.
Sperava di scrivere un romanzo grande abbastanza da causare «una rivoluzione nella coscienza del nostro tempo». Ma le sue opere migliori furono i reportage politici e culturali: Le armate della notte (1968), Miami e l’assedio di Chicago (1968), Un fuoco sulla luna (1971) e il canto del Boia (1979). Insisteva nel commercializzare l’ultimo di questi come narrativa di finzione, benché avesse detto che fosse «un racconto veritiero…il più accurato possibile». Trascorse la maggior parte della sua vita facendo resoconti su fatti reali come se stesse scrivendo narrativa di finzione, e mettendo in scena – per il pubblico dei giornali scandalistici – una versione romanzata della sua vita come se fosse vera.
La biografia di J. Michael Lennon è la prima che interpreta Mailer dall’interno, non come se fosse uno spettacolo pubblico. A differenza dei suoi predecessori -Mary V. Dearborn, Peter Manso, Carl Rollyson, e altri – Lennon fu amico e collaboratore di Mailer; ha letto 45.000 delle sue lettere, e ha parlato con un’enorme quantità di amici e nemici, dai gangster ai suoi editori. Ha raccolto una prodigiosa varietà di eventi dentro capitoli ben organizzati, qualche volta stipati di dettagli irrilevanti come i nomi e gli indirizzi dei cinema in cui Mailer guardava i film di gangster da teenager.
Lennon è anche il primo biografo che intuisce che i fecondi pensieri di Mailer sugli dei, i diavoli e le forze divine erano al cuore del suo lavoro – dagli indizi di oscuri poteri ne Il nudo e il morto, al diavolo che narra Il castello nella foresta (2007). Tutta la sua carriera fu una ricerca della trascendenza. La sedicenne matricola di Harvard che sperava di diventare un ingegnere aeronautico divenne il mistico profeta che tuoneggiava contro la tecnologia – la plastica, i prodotti sintetici, il controllo delle nascite, i computer – come forma e causa di cancro per gli individui e per le nazioni. Il suo ultimo libro fu la trascrizione dei suoi colloqui con Lennon, A proposito di Dio. Una conversazione fuori dal comune (2007), e la biografia di Lennon chiarisce che gli stessi abiti mentali che impedivano a Mailer di scrivere un grande romanzo erano gli stessi che lo rendevano un grande giornalista. Mailer era meno interessato agli esseri umani che alle forze quasi divine che essi incarnavano, e alle grandi correnti inconsce che davano forma alla storia politica e culturale.
Mailer appariva come uno gnostico di provincia quando parlava di religione, ma sapeva quello che diceva. «Dio era…in guerra con il diavolo», scrisse in Un fuoco sulla luna e altrove. Disse a Lennon: «Per me ha senso che questa lotta tra Dio e il Diavolo sia stata un fattore evolutivo». «Quando agiamo con grande energia», disse, «è perché Dio e il Diavolo hanno lo stesso interesse nel risultato». Non voleva essere metaforico. Immaginava i demoni in Il castello della foresta come personaggi di finzione come Anna Karenina, persone semidivine che non esistono ma che assomigliano a quelle esistono veramente.
I migliori romanzi di Mailer dopo il suo primo – Il parco dei cervi (1955), Perché siamo nel Vitenam? (1967), Il fantasma di Harlot (1991) – mostrano più varietà di stile e di accadimenti di quanti generalmente ne producano generazioni di romanzieri. Ma anche questi romanzi sono in qualche modo sbagliati perché egli immagina i suoi personaggi più come incarnazioni di forze impersonali che come persone. Egli progettava romanzi in cui i personaggi de Il parco dei cervi sarebbero divenute differenti persone in ogni libro, qualche volta una reincarnazione di un sé precedente, qualche volta una apparizione nel momento in cui questi si imbattevano in «qualche stazione perduta del divino».