Timothy Garton Ash

La nuova questione tedesca

da ''The New York Review of Books''
ATTUALITÀ: La Germania della cancelliera Angela Merkel è attualmente il paese dell'Unione Europa più importante sia dal punto di vista economico che da quello politico. Ma può il paese più potente dell’Europa essere il traino nella costruzione di un’eurozona sostenibile e competitiva sul piano internazionale e contemporaneamente di un’Unione forte e credibile sul piano internazionale?

C’è una nuova questione tedesca. È questa: può il paese più potente dell’Europa essere il traino nella costruzione di un’eurozona sostenibile e competitiva sul piano internazionale e contemporaneamente di un’Unione Europea forte e credibile sul piano internazionale? Le difficoltà della Germania nel rispondere in maniera convincente a questa sfida sono in parte il risultato delle problematiche originarie poste dalla Germania e delle soluzioni trovate per queste. Le risposte date ieri hanno gettato il seme della questione di oggi.

Prima che io esplori queste connessioni storiche, comunque, riflettiamo su cosa questa nuova questione tedesca non sia. Ventitré anni dopo l’unificazione, la Repubblica Federale della Germania allargata è una democrazia borghese e liberale così solida come difficilmente se ne trovano sulla faccia della terra. Non ha solamente assorbito gli enormi costi dell’unificazione ma anche, dal 2003, operato fondamentali riforme economiche, abbassando i costi del lavoro attraverso il consenso e di conseguenza restaurando la sua competitività a livello globale.

Questo territorio è civilizzato, libero, prospero, rispettoso della legge, moderato e prudente. Le sue molte virtù possono essere riassunte nella formula “la banalità del bene”. Interrogata dal tabloid ‘Bild-Zeitung’ su quali sentimenti la Germania risvegli in lei, Angela Merkel una volta notoriamente replicò: «io penso a finestre ben sigillate! Nessun altro paese può fare finestre così belle e ben sigillate [dichte und schöne Fenster1. Eppure la questione non è così banale. Aprendo le finestre così ben sigillate della mia stanza d’hotel a Berlino, guardo attraverso il viale Unter den Linden la cupola illuminata, traslucida del palazzo del Reichstag, nel cuore di quella che è ora, dopo Londra, la città più eccitante d’Europa2.

Un amico israeliano che ha preso la cittadinanza tedesca mi descrive la Germania come un paese “equilibrato”, e ciò sembra proprio vero. Il politico di sinistra francese Jean-Luc Mélenchon causò trambusto quando disse che «tra coloro che hanno il gusto della vita, nessuno vorrebbe essere un tedesco»3. In quel caso, ci dovrebbe essere una quantità enorme di gente che non ha il gusto della vita, perché secondo un sondaggio della BBC in venticinque nazioni, la Germania è il paese più benvoluto del mondo – dieci punti avanti alla Francia.4

Ma esso ha anche debolezze e problemi. Chi non ne ha? La Germania ha una popolazione che sta rapidamente invecchiando. In una tenebrosa estrapolazione che non prevede cambiamenti, essa potrebbe essere condotta a un rapporto di una persona che lavora per ogni pensionato entro il 2030. Senza immigrazione, la sua popolazione potrebbe cadere da oltre gli 80 milioni di oggi a sotto i 60 milioni nel 2050. L’immigrazione perciò dovrà avere larga parte nella risposta alla sfida demografica, ma la Germania rimane dietro la Francia e l’Inghilterra, per non parlare di Canada e Stati Uniti, nell’esprimere quei fondamentali e sfuggenti segnali socio-culturali che permettono alla popolazione immigrata di identificarsi con la loro nuova patria5.

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