Roberto Quagliano

Le Interviste Impossibili: Arthur Conan Doyle

 

Questo articolo è la trascrizione della puntata di “Le Interviste impossibili” dedicata ad Arthur Conan Doyle. La serie TV è prodotta da Kamel Film in collaborazione con RAI Cultura: sei puntate di 30 minuti l’una.
Roberto Quagliano è autore di testi, sceneggiatura e regia. 
Giulia De Florio, Giovanna Buonanno, Annamaria Contini del dipartimento di lingue e letterature straniere dell’Università di Modena e Reggio Emilia hanno curato la supervisione scientifica dei testi.
Il progetto riprende l’esperienza fatta da Radio RAI con le interviste ai grandi scrittori e personaggi del passato.
Questa versione televisiva di quella esperienza si dedica a sei scrittori che la serie radiofonica non trattò:
Emily Brontë (1818-48), Lev Tolstoj (1828- 1910), Arthur Conan Doyle (1859-1930), Marcel Proust (1871-1922), Jack London (1876-1916), Ernest Hemingway (1899-1961).

 

L’intervista agli scrittori sopra menzionati è ricostruita come fosse una intervista televisiva spiata da una telecamera nascosta.

Il taglio ricalca in parte quanto già fatto con le interviste impossibili di Radio RAI scritte dai grandi scrittori italiani attivi all’epoca della realizzazione della serie radiofonica negli anni ’70 del novecento. E quindi Eco, Calvino, Ceronetti, Manganelli, Arbasino e i numerosi altri che hanno contribuito a rendere così famosa quella serie. La nostra versione in larga parte si è basata sui nuovi spunti critici, sia sull’opera che sulla vita degli stessi autori, apparsi negli articoli della ‘New York Review of Books’ di cui noi, come Kamel Film, pubblichiamo questa versione ridotta in italiano. Nell’immaginario dialogo fra l’intervistatore e lo scrittore si ripercorrono sia le esperienze di vita, spesso movimentate e avventurose, sia la poetica. Poetica considerata di per sé stessa e in relazione agli avvenimenti storici contemporanei alla vita dello scrittore. Quindi i movimenti artistici a cui essi si sono contrapposti o a cui hanno aderito e in generale l’esperienza come artisti in relazione al clima culturale che hanno condiviso durante la loro vita.
Una parte delle interviste è dedicata alla ipotetica interpretazione delle tematiche del presente viste attraverso gli occhi di questi grandi del passato. Molte tematiche del presente furono parte del bagaglio intellettuale di tutti loro e già allora da essi furono posti temi ‘moderni’, a noi contemporanei, con un approccio di sfida nei confronti della cultura egemone nella società in cui vissero.

 

Int.: Buongiorno Sir Conan Doyle, pronto per l’intervista?

CD: Da dove vuole iniziare? Parliamo di tempi molto diversi dai vostri

Int.: interessante che vi sia distanza e che al contempo lei abbia avuto notizia dei nostri. Tanto diversi, vero?

CD: … gli strumenti del comunicare soprattutto, ma alla base c’è sempre un uomo con la sua limitatezza e la sola certezza delle proprie capacità intellettive e deduttive. O induttive, a seconda delle inclinazioni

Int.: Immagino mi avrà studiato vedendomi arrivare: cosa avrebbe dedotto Sherlock Holmes?

Arthur Conan Doyle

CD: beh vediamo… mi lasci riflettere. Ha fatto e fa sport, la camminata leggermente curva a livello delle spalle denota la pratica di una attività sportiva di combattimento, la cicatrice imprecisa sulla fronte denota una colluttazione con esiti non del tutto favorevoli… ma potrebbe essere una caduta su un terreno non regolare… con qualche pietra qua e là intendo

Int.: hum, notevole, ma non del tutto

CD: in cosa non sono stato preciso?

Int.: le pietre c’erano, ma erano rocce attaccate ben salde alla montagna

CD: un’arrampicata e cadendo ha sbattuto la testa per il rimbalzo della corda di sicurezza. L’hanno medicata subito, se no la cicatrice avrebbe bordi scomposti… Bene

Int.: per essere precisi sì. Ha notato altro?

CD: la trascuratezza nel vestire denota che non deve rendere conto della sua immagine. Un lavoro creativo, non esattamente il lavoro di un giornalista come fa ora… quelli devono rendere conto all’editore… qualcuno che non si preoccupa della scarsa considerazione per chi indossa un abito non impeccabile. Il portamento denota una certa rigidità. Suo padre era nelle forze armate. O nella diplomazia… anzi no. Le costrizioni sociali di quel ruolo precluderebbero libertà anche ai figli.

Int.: cosa ne conclude quindi?

CD: rigidità del portamento e rifiuto di approfittarne enfatizzandolo con abiti eleganti. Da una parte il desiderio di emulare il padre nell’infanzia, dall’altra quello di contrastarlo nell’adolescenza. Cosa frequente, come ho verificato io stesso

Int.: mi ritrovo nel suo ritratto… ma non ho commesso delitti, per cui passerei ad esplorare le sue di esperienze: uomo dai multiformi ingegni, come mai tanta ansia di fare?

CD: chissà cosa cercavo… Ho praticato molti sport: boxe, cricket, motociclismo, calcio, persino il biliardo… è considerato uno sport ora?  

Int.: trasmettono partite a tutte le ore per cui immagino sia considerato uno sport anch’esso

Arthur Conan Doyle in barca

CD: alla fine mi dedicai agli studi di medicina. Eravamo una famiglia numerosa di origine irlandese e, pur avendo buona reputazione, l’abuso di alcol ebbe un ruolo rilevante. Dieci figli da mantenere… non era facile per mio padre. Attraversammo periodi di forte indigenza. Qualcosa dovevo inventarmi per uscire dall’ impasse. Mio padre fu stremato dagli sforzi per dare dignità alla famiglia.  Mi dedicai quindi a ciò che era accessibile a chi non aveva un capitale su cui far conto: spedizioni in Artico e in Africa; lavori nelle colonie… cose così… Fino alla medicina. Ma non ne ero convinto, così, prima di laurearmi, mi imbarcai su una baleniera. Un’ esperienza fondamentale. Avevo ventidue anni, ed ero in ansia per il mio futuro… pensai anche di partire per l’India come medico del governo… Le colonie e chi tornava da esse mi offrirono spunti per la scrittura.

Int.: in che modo le offrivano spunti?

CD: chi viveva a lungo in realtà così diverse, così conturbanti, tornava profondamente cambiato da quelle esperienze. Non rimaneva loro che ancorarsi al rispetto acritico dell’estetica e dell’etica vittoriana… ma queste cominciavano a mostrare la loro caducità e non tutti riuscivano a seguirle. Alcuni di loro divennero i protagonisti trasgressivi delle mie storie.

Int.: a proposito di estetica ed etica, W.H. Auden ha affermato che il racconto misterioso è una specie di fantasia in cui “il compito del detective è quello di ripristinare lo stato di grazia in cui l’estetica e l’etica sono una cosa sola”.

(CD si alza e va a sedere al tavolo della sala)

CD: un po’ di tè?

Int. no grazie

CD: Auden dice anche che “Holmes è l’individuo eccezionale in cui la curiosità scientifica è elevata allo status di passione eroica”. Ma i critici ne dicono tante… mettere in relazione i valori etici ed estetici vittoriani con la mia opera mi ha fatto piacere comunque… ma… è diventato un luogo comune vedere i racconti di Holmes come opere fra virgolette ‘politicamente conservatrici’…(beve il the) il detective, sebbene indipendente da chi gestisce la legge, sarebbe l’agente devoto all’ordine sociale dominante… che appartiene a una struttura marmoreamente gerarchica, in cui l’omicidio è l’elemento perturbatore di un sistema perfetto. Raymond Chandler per esempio non la vede così. Due diverse visioni del mondo. Il suo detective è un individuo anarchico che opera in un mondo disordinato che non può sperare di ripristinare… la sua posizione sociale è transitoria, la legge una finzione senza speranza e la moralità, nel migliore dei casi… relativa… E’ il mondo di oggi?

Int.: dipende dalle opinioni, come lei mi insegna. Da ogni suo romanzo comunque traspare l’amore per le convenzioni sociali. Mah… queste non potrebbero essere generatrici di luoghi comuni?

CD: senza convenzioni sociali riconoscibili, e quindi luoghi comuni nel modo di pensare, come farebbe un detective a orizzontarsi nella realtà. Come potrebbe interpretare un fenomeno se nessuno facesse conto su una scala di valori e di convenzioni sociali? La realtà sarebbe inintelligibile. Sì, le amo come le mie pipe. Sono alla base della mia sicurezza e del modo di procedere di Holmes nelle sue indagini.

Int.: torniamo alle sue scelte di vita: la professione medica?

CD: dopo le esperienze che dicevo aprii con scarso successo uno studio medico in un sobborgo di Portsmouth. È di quel periodo la prima opera, Il mistero di Sasassa Valley, come pure il primo articolo medico… Non lo faccia sapere in giro, trattava di un sedativo che volli sperimentare di persona… ho fatto cose che non raccomanderei a nessuno, ma allora era popolare l’uso di droghe fra le classi colte e gli studiosi, basti pensare a Freud. Probabile che l’osmosi fra madre patria e colonie abbia avuto in questo una parte rilevante. Per fortuna non erano a portata delle classi povere, come mi pare sia avvenuto in seguito … quelle si accontentavano dell’alcol…

Int.: ma, mi diceva dei suoi studi di medicina…

CD: un professore fu fondamentale nella mia esperienza, non solo di medico. Divenni suo assistente per un breve periodo. Una persona brillante e fredda che con il suo metodo scientifico e le abilità deduttive, mi ispirò il personaggio di Holmes… si potrebbe quindi affermare che il mio personaggio abbia un legame con il moderno thriller medico… che ne dice?

Arthur Conan Doyle da Le Interviste Impossibili

A questo punto suona il cellulare dell’intervistatore, che si scusa e un po’ imbarazzato chiede se possa rispondere. Ottiene l’assenso di CD:

Int.: si, come scusi? … non capisco…. Chi sta cercando? … No, ha sbagliato numero. Sono impegnato e non saprei dove potrebbe trovare questo signore. Di sicuro non sono io, la saluto.

CD: … non esiste un protocollo di cortesia per l’utilizzo di questi strumenti? Mi pare poco cortese tenerli accesi durante il colloquio con una persona, chiunque essa sia.

Int.: ha ragione. Ho scordato di spegnerlo. Mi perdoni.

CD: posso chiedere chi cercava quella persona? Sa, la mia curiosità trascende le regole della convenienza

Int.: si figuri. Un certo dottor Bell, che di sicuro non sono io. Succedono spesso inconvenienti di questo genere e anche di peggio.

Joseph Bell medico

CD: bene, questo medico mi introdusse al metodo scientifico in medicina… Egli dava molta importanza all’osservazione della realtà prima di redigere una diagnosi. Per dimostrarlo osservava un estraneo e cercava di indovinare che lavoro facesse e addirittura cos’ avesse fatto nelle ore precedenti. Fu considerato un pioniere anche nella pratica forense. Fino ad allora la scienza non era entrata nelle aule di tribunale.

Int.: mi fa capire meglio questo punto?

CD: le riporto ciò che ho visto di persona. Un giorno disse a uno sconosciuto: “Certo voi siete un militare, e più precisamente un sottufficiale e avete prestato servizio alle Bermude”. Rimanemmo sbalorditi aspettando che fosse smentito, ma lui aggiunse: “Come faccio a saperlo? Lei è entrato nella stanza senza togliersi il cappello, come se entrasse in fureria, da cui ne ho dedotto che era un militare. Ha un aspetto autoritario per la giovane età, e ciò mi fa supporre che sia almeno un sottufficiale. Per finire, l’eruzione cutanea mi ha indicato che è stato alle Bermude. Quell’ infezione colpisce solo lì… Fu inevitabile applicare quel metodo alle indagini di Holmes.

Int.: quell’eruzione era attribuibile solo alle Bermude? Forse non si conoscevano bene altri paesi… sembrerebbe un artificio letterario per restringere le possibilità reali, che difficilmente sono così limitate… diciamo: finalizzato ad agevolare la ricerca della verità da parte del detective… comunque… come si chiamava quel medico/scienziato così importante?

CD: Joseph Bell.

Int.: come ha detto scusi?

CD: Bell. Un genio

Int.: mah… al telefono cercavano il dottor Bell! La coincidenza suona incredibile… lei parla del dottor Bell e uno sconosciuto al telefono cerca un omologo?

CD: le coincidenze sorprendono sempre… e non è finita lì

Int.: cioè?

CD: il telefono è stato inventato da un altro signor Bell. Un triangolo quasi perfetto!

Int.: per noi italiani era un ladro di brevetti, quindi ridurrei la portata di questa coincidenza.

CD: la coincidenza non chiede verità delle fonti, ma solo la convergenza degli esiti

Int.: ora mi parlerà di un’altra sua grande passione, lo spiritismo e il soprannaturale?

CD: non la interessano?

Int.: dunque… Einstein ha detto: ‘Infiniti esperimenti non possono dimostrare che ho ragione; ma uno solo può dimostrare che ho torto’. Lei invece ripone totale fiducia nel metodo scientifico… Visto che parlavamo di medicina mi vengono in mente quei rigidi protocolli medici: non possono nascondere insidie, se applicati senza discrezione?

CD: le scienze si affidano a procedure e protocolli e questi, come i luoghi comuni nel costume, nascondono insidie feroci. Ha ragione in questo. Ma come ci si può muovere nella realtà se non affidandosi a tecniche conoscitive come protocolli e luoghi comuni?

Int.: cioè?

CD: mettiamo che un individuo sia visto pugnalare alle spalle una persona fino a fargli penetrare il coltello nel cuore. Questa cade a terra morta. Chi mi dice che sia stata la pugnalata a causarne la morte?

Int.: di fronte a un testimone si possono avere dubbi? Sarebbe condannato all’ergastolo, se non peggio, dovunque

CD: ha ragione… ma, chi mi dice che quando il coltello era a dieci centimetri dal penetrare la schiena, la vittima non abbia avuto un infarto fulminante pochi secondi prima (ironico)? … E in quel caso: qual’ è la causa della morte (subdolo)? Forse ‘non’ la pugnalata.

Int.: è un evidente paradosso. Mi ricorda quello di Achille e la tartaruga di Zenone

CD: in cui Achille è l’investigatore e la tartaruga è la verità… come si deve agire allora in tribunale? … Affidarsi ai luoghi comuni e ai protocolli è inevitabile, se no si dovrebbe risalire con certezza assoluta all’origine prima di ciò che ha fermato il cuore. Che magari è stato un infarto non certificabile… di questo passo la ricerca della causa di un evento dovrebbe forse  risalire al movimento di una qualche molecola o atomo all’origine del mondo (un po’ ironico)?  Sarebbe decisamente poco produttivo, perché così non si potrebbe scoprire alcunché

Int.: stiamo parlando di filosofia (ironico)?… lei fa dire a Holmes: “A quale scopo serve questo cerchio di miseria, di violenza e di paura? Deve tendere a qualche fine, altrimenti il ​​nostro universo sarebbe governato dal caso, il che è impensabile (filosofeggia). Ma quale fine? Questo è il problema permanente a cui la ragione è più che mai una risposta”

CD: proprio così. Un po’ alla volta arriviamo a concordare su qualcosa

Int.: in effetti quando la scienza ha scoperto il DNA, e l’ha applicato alla pratica forense, un’alta percentuale dei condannati a morte per omicidio nelle carceri americane, qualche centinaio di poveri cristi, risultarono estranei a quegli omicidi.


(*) Tre anni fa il “Washington Post” scrisse che per anni il Dipartimento alla Giustizia aveva occultato le prove di errori e valutazioni dubbie degli esami del Dna ottenuti nei laboratori dell’Fbi, cosa che ha condotto alla condanna a morte per decine di imputati innocenti. (https://www.ilfattoquotidiano.it/2013/07/18/usa-27-casi-di-condanne-a-morte-viziate-da-errori-fbi/659799/)

Wikipedia – Emerse che gli esami del DNA, che avrebbero potuto scagionare Barnabei, non erano più utilizzabili in sede processuale a causa delle tortuosità del sistema giudiziario della Virginia. Intervennero a favore di Barnabei il parlamento europeo e papa Giovanni Paolo II. Non fu sufficiente. Lo Stato della Virginia lo giustiziò, il 14 settembre 2000, tramite iniezione letale.

Un militante in questa lotta per la giustizia, il professor Donato De Simone, ha scritto:

Ho fatto lezione stamattina prima di recarmi al cimitero. Ho invitato i miei studenti a partecipare alle esequie come segno di condivisione dell’angoscia del popolo italiano, attonito da questo omicidio di Stato. Nessuno si è visto. Speravo che alcuni di loro, dato che studiano l’italiano, avessero voluto essere presenti. I giovani americani sono completamente ignari di quello che succede intorno ad essi. Spero non sia troppo tardi quando finalmente capiranno.


CD: Robert Browning ha scritto in una poesia di aver camminato un miglio con il Piacere che senza aver mai smesso di parlare non gli aveva insegnato la saggezza. Poi aveva camminato un miglio con il Dolore il quale pur restando muto gli aveva insegnato tante cose… la vita è così, piena di ingiustizia, ma qualcosa possiamo fare

Int.: sembrano cose non degne della più grande democrazia del mondo

CD: qualcosa bisogna pur fare per fermare chi vuole uccidere impunemente qualcun altro. Non crede? Ma torniamo a noi: di cosa stavamo parlando?

Int.: insisterei sul fatto che un sistema che si affida a categorie e discipline predisposte a tavolino possa presentare delle lacune

CD: Sì! Ma non si può, ogni volta che si nomina un albero, descriverlo nei suoi minimi dettagli per individuarlo, sennò ci si perderebbe in un fiume di parole: quanti rami ha, dove sono, quante foglie, quanti frutti, quali frutti, eccetera

Int.: Aristotele

CD: si parla quindi di categoria ‘albero’ e sotto di essa rientrano dati empirici molto diversi fra loro. Ma è utile: se qualcuno chiedesse: ‘C’è un albero qui vicino per fare pipì senza essere visti?’ a quel punto, chi conosca la zona, potrebbe dire: ‘Dietro quella casa c’è un albero che fa al caso suo’.

Int.: a fare pipì? (in tono ironico)

Prima edizione Sherlock Holmes di Arthur Conan Doyle

CD: ma se uno ha voglia invece di una pera, la risposta non potrebbe essere la stessa, se non in un caso estremamente fortunato. In un procedimento scientifico, come nell’analisi della scena di un delitto, si deve procedere diversamente a seconda che si abbia solo necessità di fare pipì o si voglia mangiare una pera. In ogni caso alla categoria dell’albero bisognerebbe affidarsi in qualche modo, se no ci si perderebbe in una miriade inestricabile di variabili.

Int.: è qui il collegamento col suo metodo deduttivo?

CD: il procedimento di deduzione consente di derivare da una premessa data una conseguenza logicamente necessaria. Ma questa deve essere vagliata alla luce degli elementi oggettivi. Tutti e due sono alberi ma uno risponde a entrambe le richieste l’altro no. Aristotele concede inoltre che l’intuizione ha il compito di stabilire validità e universalità delle premesse ed essa è cosa diversa dalla ragione. Essa consente di penetrare l’essenza della realtà oggetto di indagine, cogliendone l’aspetto vero e immutabile, prescindendo dai dati contingenti. È una cosa complessa da dire, ma molto comoda da applicare. Si eliminano variabili non necessarie alla materia dell’indagine… o della ricerca, nel caso della scienza

Int.: nelle sue opere si sente amore per la giustizia. Holmes non è Robin Hood ma le sue capacità sono spesso al servizio dei senza voce o di coloro che hanno pochi mezzi per difendersi dai soprusi. Una specie di detective di strada alla maniera degli avvocati di strada di Grisham.

CD: è uno scrittore di cui apprezzo l’accuratezza nel dispiegamento di indizi e prove. Nei romanzi più belli spazza gli angoli della società in cui si annida il sopruso contro poveri ed esclusi. Lodevole. Ma… ha notato una cosa che Holmes ha in comune con i detective immaginari che lo hanno seguito?

Int.: sinceramente non mi viene in mente niente

CD: la mancanza di rispetto per la gendarmeria ufficiale. Le forze di polizia nei miei romanzi non sono corrotte o crudeli come in quelli moderni, ma non sono mai all’altezza dell’etica del loro lavoro. Come i detective creati dalla letteratura che hanno seguito Holmes. Si trovano spesso a dover fronteggiare “il muro blu” della complicità che vige fra gli appartenenti ai corpi di polizia. Un muro decisamente poco etico.

Londra ai tempi di Conan Doyle

Int.: non tutti sanno cosa si intenda con “muro blu”

CD: il ‘ muro blu del silenzio ’ è il codice che induce a non fare rapporto sui colleghi quando questi commettono errori, adottano procedure illecite o addirittura compiono crimini… inclusa la brutalità negli interrogatori o nei fermi che effettuano. Non rientra nei loro orizzonti punire un collega per reati che hanno causato miseria a vittime indifese. È avvilente non trova? Come se non vi fosse un codice etico. Negli Stati Uniti mi pare un tema rilevante.

Int.: senz’ ombra di dubbio. Per lei la giustizia è stata rilevante anche in ‘altre’ occasioni…

CD: dopo un viaggio lungo le coste dell’Africa come medico di bordo… rimasi sorpreso dalla vita che conducevano i coloni bianchi. Toccai con mano l’umiliazione e la miseria inflitte dalla schiavitù e dall’impero. Non solo quello britannico. Scrissi un pamphlet sul comportamento dell’impero belga in Congo.

Int.: incontrò un personaggio storico di un certo rilievo

CD: incontrai Henry Garnet e ne fui molto colpito. Da figlio di uno schiavo in America era riuscito a diventare console americano in Liberia. Il suo discorso abolizionista “Call to Rebellion” di metà ottocento aveva valide ragioni per essere fatto.

Lo scrittore Oscar Wilde

Int.: i temi della discriminazione e della giustizia in quell’epoca offrivano spunti continui. Ci racconta quando si trovò seduto a tavola vicino addirittura a Oscar Wilde?

CD: l’occasione fu una cena offerta da Marshall Stoddart, l’editore americano, venuto da Filadelfia per reclutare nuovi talenti. Era il 1889. Rimasi colpito dalla profondità, dalla cortesia e dall’arguzia di Wilde, e anche dal suo elegante modo di esprimersi. Stoddard propose a entrambi di scrivere un romanzo breve per la sua rivista. Io scrissi ‘Il segno dei quattro’ e Oscar Wilde creò ‘Il ritratto di Dorian Gray’. Non male come esito della cena.

Int.: purtroppo il destino di Wilde non fu felice dopo di allora

CD: quando fu perseguitato per la sua omosessualità cercai di salvare la sua opera dalla dimenticanza in cui era caduta. Cercai di fargli sentire la mia solidarietà, ma, come molti in quei giorni, consideravo l’omosessualità una malattia… ma non l’ho mai considerata un crimine. Una cosa ridicola adesso, vero? Se è vero che nei miei romanzi le convenzioni sociali sono un terreno su cui il detective si muove come su una mappa, è anche vero che per ottenere risultati Holmes rifiuta di affidarsi a pregiudizi e visioni preconcette.

Dorando Pietri taglia il traguardo della maratona alle Olimpiadi di Londra nel 1908

Int.: bene, per l’intervista ho materiale sufficiente… ma… come italiano vorrei ringraziarla per il sostegno che diede alle Olimpiadi di Londra al nostro Dorando Pietri, vincitore della maratona. Lei in un articolo lo paragonò a un antico romano e scrisse che quella vittoria non sarebbe mai stata inficiata dalla decisione di un giudice. Si diede da fare per aiutarlo e riuscì anche a raccogliere una bella somma da donargli. Ancora la giustizia era al centro del suo interesse, al di là di regole assurde.

CD: a proposito di regole le propongo una considerazione… esse troppo spesso si rendono autonome, non rispondono più all’ esigenza per cui sono state create e paradossalmente nella pratica forense si contrappongono a volte alla realtà dei fatti. Come se, sapendo con certezza che una persona ha commesso un reato, quel reato non potesse essere considerato tale perché non è stata rispettata una certa regola nella ricerca della verità.

Int.: si vedono cose veramente strane su questo fronte

CD: problema che si è ingigantito nei vostri tempi? Le regole nascono per garantire giustizia, ma se diventano autonome rispetto allo scopo per cui sono nate, cade la loro stessa necessità di esistere. Il fine è la giustizia, non il rispetto delle regole. La ragionevolezza delle regole non si può contrapporre alla ragionevolezza dell’accaduto… lui la maratona l’aveva vinta e su ciò non v’era dubbio alcuno!

(CD si alza e si avvicina alla porta di casa; da dentro la porta in penombra)

CD: ma qui il discorso sarebbe lungo, giusto?… Se posso tornare alla mia pipa… Non dimentichi di richiamare il signore che cercava il dottor Bell… chissà … forse potrà offrirle spunti imprevedibili di ricerca…

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