Andrea Segrè

451 parole: esclusione

Escludere, ovvero lasciar fuori, non ammettere. Di derivazione latina, esclusione comporta proprio l’ex (fuori di) claudère (chiudere), non ammettere a partecipare. Alla vita sociale, alle opportunità, ai diritti, alle risorse, alla cultura, all’informazione.

L’esperienza di essere (o venire) esclusi permea le nostre relazioni e la nostra vita quotidiana in mille modi. È una paura innata, ancestrale, che accompagna l’essere umano lungo tutta l’esistenza.

Non a caso infatti l’opposto di esclusione non è integrazione o inclusione, ma partecipazione1. Siamo di fronte a un processo multidimensionale dinamico e complesso da definire, che si compone di varie dimensioni: economica, la quale presuppone il progressivo allontanamento e non partecipazione al mondo della produzione e dei consumi; sociale, che vede la progressiva perdita delle relazioni sociali e alla partecipazione alla vita sociale e politica; simbolica, ovvero la mancata condivisione di valori comuni, norme di comportamento e rappresentazioni della realtà2. Levitas et al. (2007) definiscono il processo di esclusione sociale  come la mancanza o il rifiuto di risorse, diritti, beni e servizi, e l’impossibilità a partecipare alle normali relazioni e attività disponibili alla maggior parte delle persone in diversi ambiti (economico, sociale, culturale e politico). Gli effetti dell’esclusione sociale sarebbero visibili sia rispetto alla qualità della vita delle persone, sia rispetto al livello di coesione e di giustizia di una comunità.

Ciò che accomuna le varie definizioni fin qui date è il fatto che l’esclusione sociale non è solo la mancanza di risorse, la povertà materiale per intenderci, ma riguarda tutti i processi per i quali gli individui, o meglio alcuni individui e alcuni gruppi, vengono progressivamente marginalizzati dalla società, come le nuove povertà, l’esclusione culturale, quella dalla famiglia e dalla comunità, lo stato di deprivazione, tutte le forme di esclusione economica e dal mondo del lavoro, che possono portare alla perdita di identità e di relazioni. Emarginati perché “diversi”, e quindi costretti spesso ad organizzarsi in associazioni per difendere i propri diritti: rivendicare la propria omosessualità o la pari dignità di trattamento. Chiedere insomma che la propria differenza non comporti né esclusione, né giudizi di valore facendo in modo che tutti abbiano il diritto di esprimersi e di rivendicare i propri diritti, senza per questo essere stigmatizzati dall’esclusione.

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