Tutti al laboratorio sapevano dell’oscuro legame che teneva uniti Moluk e Ashanteen. Solo una persona ne era infastidita. Era forse per questo che il dottor Brook li aveva scelti per il suo tentativo di regressione.
Nati in perfetta salute da due madri diverse Moluk e Ashanteen, ignari di questa decisione, correvano per i campi coltivati dell’Istituto Superiore di Zoologia e Ricerche Sperimentali di Pelsbury, senza curarsi del sole pallido che filtrava attraverso i vetri delle serre e dell’acqua ferruginosa delle poche pozze d’acqua potabile. La loro giornata si svolgeva sempre allo stesso modo, senza scosse, senza predatori, senza pericoli. Finché Brook non gettò i suoi occhi malefici su di loro.
Li aveva catturati una mattina con l’inganno e rinchiusi in una celletta, dove la bassa temperatura e un gas speciale avevano provveduto ad addormentarli. Al momento del via dovevano essere in grado di superare ogni fascia di passaggio.
La soluzione da iniettare non era ancora pronta. Da anni Brook sperimentava sulle cavie la sua soluzione senza troppo successo. Almeno 25 delle 30 disponibili avevano dato segni di insofferenza verso il preparato, ma non c’erano stati effetti di trasformazione regressiva. Brook sapeva di essere sulla strada giusta. Quello stesso esperimento così caro al suo maestro Nikolajev non poteva concludersi nel nulla, e Brook vi lavorava ormai dopo la morte di Emma senza soste, come se quello fosse l’unico modo per risolvere il suo conflitto.
Qualcuno però ce l’aveva con Brook. Dal Dipartimento di Medicina Veterinaria erano pervenuti molti avvisi di protesta contro i suoi esperimenti su animali vivi.
Non rimaneva molto tempo dunque per Moluk e Ashanteen, pensava, e chissà che tornando indietro non fosse possibile iniettare un liquido che, rendendoli ostili, li provocasse a dilaniarsi.
Gruppi spessi di pensieri annebbiavano la mente di Brook, rendendolo teso e malinconico. Le sue depressioni, dopo Emma, gli procuravano anche dei grossi spasmi allo stomaco, mentre con mano un po’ incerta brandiva le grosse provette di liquido viola da iniettare.
Un’ora al più, e poi addio, stupide palle di pelo…
Un fragore improvviso fece tremare i vetri. Di colpo il mondo cominciò a girare su se stesso come per colpire la crudeltà intorno: bottiglie e provette tremando sul tavolo avanzarono incerte fino all’orlo per poi rovesciarsi senza che Brook potesse fermarle. I contatori scintillarono riempiendo di lingue azzurrine l’atmosfera densa e opaca della stanza. Rischiava di perdere tutto, anche la vita. La vita però era poca cosa per il dottor Brook; bisognava invece salvare la “pozione”.
Il tremore si fece più perverso e le crepe sul soffitto, immensi arabeschi di ragno, spezzarono ogni incanto. Le mani imbrattate di sangue si colorarono del viola intenso della pozione e colando sul camice bruciarono ogni tessuto fino alla pelle bianca e molliccia. Maledetti Moluk e Ashanteen! Ora potevano ridere e sogghignare della sua follia. I suoi desideri di vendetta diventarono più atroci. Ma ciò aveva poca importanza. Il peggio doveva ancora venire.