Catalogo dell’esposizione a cura di Leah Dickerman e Achim Borchardt-Hume, Museum of Modern Art/Tate Publishing, pp. 412, $75.00
Robert Rauschenberg era un uomo di spettacolo, un prestigiatore, uno sciamano, un seduttore. Nella retrospettiva che si è da poco conclusa al Tate Modern di Londra e che è appena arrivata al Museum of Modern Art a New York questo maggio, i visitatori incontrano molti oggetti differenti: l’impronta di un pneumatico, un paio di rocce legate con pezzi di corda, dipinti tutti bianchi o tutti neri o tutti rossi, coperte e cuscini schizzati di vernice, un disegno di Willem de Kooning che Rauschenberg ha cancellato, scatole di cartone ondulato destrutturate, striscioni di seta lucida, una luce a intermittenza, una capra d’Angora imbalsamata, opere intermediali montate su ruote così da poter essere portate in giro con facilità, dipinti zeppi di immagini fotografiche. La carriera di Rauschenberg è l’errare del folle dell’arte americana nel ventesimo secolo. Che questo cammino lo abbia portato nel 1964 a ottenere il più importante riconoscimento alla Biennale di Venezia, il gran Premio per la pittura, e a esporre al Stedelijk, al Guggenheim, al Metropolitan Museum of Art e ora al Tate Modern e al MoMA ci conferma quanto folli possiamo essere noi mortali.