Empire of Things: How We Became a World of Consumers, from the Fifteenth Century to the Twenty-First by Frank Trentmann Harper, pp. 862, $40.00
Il detto “meno è di più” è solitamente attribuito a Ludwig Mies van der Rohe, che nel 1947 riassunse i principi del minimalismo in un’intervista con Philip Johnson. Nessuno sa invece chi abbia coniato il suo irriducibilmente esuberante, persino volgare, frutto: “Di più è di più”. È stato variamente attribuito all’architetto Robert Venturi, allo stilista Gianfranco Ferré, al romaziere Stanley Elkin, alla graphic designer Deborah Sussman, e talvolta alla sfavillante regina dello sfarzo in persona: Dolly Parton.
Sia “Meno è di più” che “Di più è di più” sono gli slogan di una società consumistica sovrastata da un’abbondanza inimmaginabile.