Irene Santori

Radio3suCarta. Uomini e Profeti: Testimoniare Geova.

Nata nel 1982 con l’obiettivo di interrogare i grandi temi, i testi, le figure delle diverse tradizioni spirituali, nel 2013 Uomini e Profeti ha superato i suoi trent'anni di vita. Fra le sue maggiori realizzazioni va ricordato, almeno, il lungo itinerario di lettura integrale e commento della Bibbia, in dialogo con interpreti di diversa provenienza.

Nata nel 1982 con l’obiettivo di interrogare i grandi temi, i testi, le figure delle diverse  tradizioni spirituali, nel 2013 Uomini e Profeti ha superato i suoi trent’anni di vita. Fra le sue maggiori realizzazioni va ricordato, almeno, il lungo itinerario di lettura integrale e commento della Bibbia, in dialogo con interpreti di diversa provenienza. Dal 1993  Uomini e Profeti, sulla linea di confine tra le fedi religiose e la complessità del mondo in trasformazione, ha avuto una doppia articolazione, che l’edizione di quest’anno vedrà ancora più marcata: Storie, nella puntata del sabato, raccoglierà racconti delle diverse esperienze di fede; mentre Questioni, nella puntata della domenica, sarà un’esplorazione ravvicinata dei punti di maggior tensione del religioso contemporaneo.

Un programma di Gabriella Caramore, a cura di Paola Tagliolini, in redazione e in regia Ornella Bellucci, consulenza musicale di Cristiana Munzi.

Uomini e Profeti: Testimoniare Geova.

 

Irene Santori. Benvenuti a questo nuovo appuntamento di Uomini e Profeti – Storie, che quest’oggi ci porterà all’interno di una comunità non molto conosciuta, ma attivissima nella sua opera di proselitismo, che dal secondo dopoguerra ad oggi ha fatto incrementare in modo sorprendente le fila dei suoi confratelli, facendole conquistare una consistenza numerica tale da segnalarsi, pur fra molte riserve, come una delle confessioni di fede più solide del panorama religioso italiano e mondiale. Stiamo parlando dei Testimoni di Geova. Chiederemo ai nostri ospiti cosa vuol dire testimoniare Geova, li seguiremo nel racconto delle origini e della diffusione del loro movimento, soffermandoci anche sulle tragiche e peculiari vicende della persecuzione nazi-fascista e anche su alcuni aspetti dottrinali e normativi della loro fede, inclusi quelli più controversi che suscitano forti perplessità nell’opinione pubblica, come il divieto delle emotrasfusioni. Ma prima di dar voce ai nostri ospiti, forniamo alcuni dati significativi: solo in Italia i Testimoni di Geova hanno oltre 3.000 congregazioni, di cui ben 860 si esprimono in una lingua diversa dall’italiano. Vi sono oltre 100.000 congregazioni sparse nel mondo, per un numero complessivo di circa 7.200.000 proclamatori o evangelizzatori. Tra questi ci sono i nostri primi due ospiti in studio, quindi salutiamo e diamo il benvenuto ad Antonio Del Rio e a Chezia Pulcini. Antonio Del Rio si occupa di storia delle religioni, cura da anni la rubrica dell’Osservatorio sulle Fedi per la rivista ‘Confronti’, mentre Chezia Pulcini fa parte della Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova di Isola Farnese, a Roma nord. Cominciamo subito con un chiarimento partendo proprio dal nome che suscita, specialmente nel mondo ebraico, qualche problema se non un vero e proprio scandalo, perché pronuncia l’impronunciabile tetragramma biblico. Chi è Geova? Da dove deriva questo nome?

Testimoni di Geova

Testimoni di Geova

Antonio Del Rio. Il termine Geova è il nome personale di Dio, così come compare nelle Sacre Scritture. È il nome che Dio stesso si è dato e compare nella sua formulazione ebraica del tetragramma sacro ben 7.000 volte nelle Sacre Scritture ebraiche della Bibbia. Geova identifica il creatore, il Dio Onnipotente e ovviamente l’espressione Testimoni di Geova viene desunta da questo nome perché i suoi servitori, con non solo la divulgazione e la testimonianza dell’esistenza di Dio e del suo progetto e proposito, ma anche con la loro vita, ne testimoniano la grandezza e l’esistenza.

Irene Santori.  Ma per i Testimoni di Geova è la pronuncia esatta del nome di Dio, Geova, o è un’approssimazione, una semplice vocalizzazione?

Antonio Del Rio. Geova è la forma italiana che si è affermata nel corso dei secoli, derivata dal latino Ieova, che era la forma con la quale è stato reso questo tetragramma. La discussione sulla pronuncia del nome di Dio è interessante perché l’esatta pronuncia probabilmente si è persa, dato che la lingua del testo biblico è fatta solo di consonanti perché le vocali venivano aggiunte dal lettore; inoltre per la tradizione ormai millenaria di non pronunciare il nome di Dio probabilmente questa esatta pronuncia si è persa, anche se alcuni studi propongono le formule Javeh o Jehovah che sono poi quelle confluite nella lingua italiana nella forma Geova. I Testimoni di Geova utilizzano questo termine perché è quello più comune nella nostra lingua.

Irene Santori. In origine non vi chiamavate Testimoni di Geova, avevate un altro nome, questo nome ufficiale è stato introdotto piuttosto tardi, sessant’anni dopo la vostra formazione.

Antonio Del Rio. Esattamente, a partire dal 1931. La dicitura con la quale erano più noti i Testimoni di Geova era quella di “Studenti biblici” o “Studenti biblici internazionali”, perché fin dalla sua nascita il movimento aveva posto l’accento sull’importanza del ritorno allo studio, alla lettura, all’esame, all’amministrazione della Sacra Bibbia per ricostruire e ritrovare l’insegnamento originario del Cristianesimo, che secondo noi è andato perso dopo i primi secoli del Cristianesimo. Quindi attraverso la lettura e lo studio della Bibbia sarebbe stato possibile ritrovare la vera dottrina e il vero insegnamento di Cristo.

Irene Santori. Quindi un gruppo di studio, ma raccolto intorno a quale figura?

Antonio Del Rio. Intorno alla figura di Charles Taze Russel, considerato il fondatore in epoca moderna del movimento dei Testimoni di Geova, che intorno alla seconda metà dell’800 a Pittsburgh, in Pennsylvania, all’età di 16 anni comincia ad interessarsi agli argomenti di natura religiosa e soprattutto a costruire la sua fede. Così fonda il primo gruppo di studio biblico con amici e familiari proprio per ritrovare e riscoprire gli insegnamenti veri della Sacra Bibbia.

Charles Taze Russell nel 1870

Charles Taze Russell nel 1870

Irene Santori. Dalla Pennsylvania arriviamo a Pinerolo, perché un gruppo di studenti biblici fondano il primo insediamento in Italia proprio a Pinerolo, significativamente all’imbocco delle Valli Valdesi, in un luogo molto caratterizzato dal punto di vista religioso.

Antonio Del Rio. Sì, siamo intorno al 1903. Abbiamo notizie di questo primo gruppo di San Germano Chisone e di Pinerolo nelle valli Valdesi che incominciano le loro riunioni religiose, dedicandosi prima allo studio e all’esame delle Sacre Scritture e poi, in un secondo momento, all’evangelizzazione. Le valli Valdesi erano un terreno sul quale si poteva sviluppare questo tipo di studio, vista la storia dei Valdesi che avevano resistito a un  secolo di persecuzione ed avevano favorito il ritorno alle scritture. Anche la dicitura “Studenti Biblici” ha probabilmente creato una sintonia tra questa nuova forma di religiosità e gli studi biblici valdesi.

Irene Santori. La prima  persona convertita ai Testimoni di Geova era Valdese?

Antonio Del Rio. Credo di sì, di una famiglia valdese, dopo di lei è venuto Remigio Cuminetti, diventato in qualche modo emblema di quel periodo, poiché fu il primo obbiettore di coscienza della storia moderna italiana, infatti durante la Prima Guerra Mondiale rifiutò per motivi di coscienza legati al suo studio della Bibbia di prendere parte alla guerra, e subì come conseguenza una condanna a tre anni, scontati in carcere e in manicomio.

Irene Santori. Da allora la diffusione dei Testimoni di Geova è stata notevole: 100.000 congregazioni in tutto il mondo: spagnole, romene, russe, ma anche cinesi, arabe, panjabi. Vedremo  poi con Chezia Pulcini queste congregazioni dall’interno. Quali sono gli organi direttivi che amministrano queste ramificazioni? Partiamo dalla Watch Tower Society.

Sede centrale mondiale dei testimoni di Geova a Brooklyn

Sede centrale mondiale dei testimoni di Geova a Brooklyn

Antonio Del Rio. La Watch Tower Bible and Tract Society of Pennsylvania ha sede a New York, ma è solo una delle istituzioni legali che i Testimoni di Geova utilizzano nel mondo. Non ha scopi direttivi o di controllo.

Irene Santori. Il corpo direttivo che prerogative ha?

Antonio Del Rio. Quella di dirigere l’opera di evangelizzazione dei Testimoni di Geova svolta  in oltre 230 paesi. Ha una struttura piuttosto articolata: la direzione generale è costituita da questo corpo direttivo di Testimoni di Geova della sede mondiale di Brooklyn, a New York. Essa  da lì rappresenta e dirige l’attività dei Testimoni di Geova in tutto il mondo. La selezione del corpo direttivo avviene per chiamata teocratica. Le persone vengono valutate in base alle loro qualità rispetto all’insegnamento biblico e alle indicazioni fornite dalla Bibbia. Vale inoltre anche l’esperienza e la maturità nel determinare la chiamata a far parte del corpo direttivo.

 

Irene Santori. Voi adottate come testo sacro la cosiddetta Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture. Si tratta della Bibbia tradotta dai Testimoni di Geova?

 

Antonio Del Rio. La traduzione del nuovo mondo delle sacre scritture, il testo fondante della fede dei Testimoni di Geova, è il testo sacro della Bibbia. I Testimoni di Geova nel corso della loro storia si sono avvalsi di tutte le traduzioni moderne o storiche per lo studio della Bibbia e per trasmettere il messaggio che essa contiene. Per molto tempo, ad esempio, nel mondo inglese il testo fondamentale è stata la Bibbia di Re Giacomo, mentre in Italia sono state usate indifferentemente tutte le diverse versioni. Il testo fondante per noi è la Sacra Bibbia. La Bibbia nella sua interezza è considerato il testo sacro ed è a quello che ci rivolgiamo. Non ne facciamo un problema di traduzione, ogni versione ha i suoi pregi e i suoi difetti, è lo studio della Bibbia ciò che a noi interessa come testimoni di Geova.

 

Irene Santori. Ci sono però difformità di carattere dottrinale, “rimproverate”, per così dire, dalle varie confessioni cristiane. Anche da quelle che hanno qualche secolo e qualche millennio in più di esegesi biblica alle spalle.

 

Antonio Del Rio. Certo, come ho detto prima la storia moderna dei Testimoni di Geova nasce dal desiderio di ritrovare nelle Sacre Scritture il fondamento della fede cristiana e dell’insegnamento biblico, quindi è ovvio che a nostro avviso ci siano alcune differenze dal punto di vista dottrinale, perché nel corso della storia ci si è allontanati dai veri insegnamenti della Bibbia. L’idea che la Bibbia contenga il nome di Dio e che questo debba essere usato, è un fatto incontrovertibile. Gesù nel Padre Nostro dice «Sia santificato il tuo nome»: perché non usarlo, questo nome? Il fatto che questo nome sia stato tolto dalle traduzioni della Bibbia per settemila volte e che sia stato sostituito con “Signore” o “Dio” a noi Testimoni di Geova appare come un’alterazione del testo biblico. Averlo riutilizzato e ripristinato nel testo significa il ritorno all’uso fondante della Bibbia.

Irene Santori. A questo punto vorrei coinvolgere Chezia Pulcini per vedere un po’ più da vicino la congregazione cristiana dei Testimoni di Geova. Le chiederei di parlarci dell’organizzazione interna della congregazione.

Chezia Pulcini. Le nostre congregazioni sono comunità locali di Testimoni di Geova. Non c’è una struttura gerarchica, siamo tutti uguali, non c’è una divisione tra clero e laici, tanto è vero che ci chiamiamo tutti fratelli e sorelle, che non è un’etichetta o un titolo, ma è semplicemente il modo per sottolineare questa uguaglianza e questo sentimento di fratellanza che ci unisce.

 

Irene Santori. Gli anziani però hanno dei compiti dirigenziali, di orientamento anche spirituale?

 

Chezia Pulcini. Gli anziani sono dei cristiani maturi che svolgono un ruolo di cura e di guida prevalentemente pastorale.

Irene Santori. Vengono definiti “cristiani maturi” solo per ragioni anagrafiche?

Chezia Pulcini. Non necessariamente, maturi nel senso che queste persone corrispondono a  requisiti espressi nelle scritture, in particolar modo nel Nuovo Testamento.

Irene Santori.  Qual è il  luogo di culto vero e proprio?

Chezia Pulcini. Sono le Sale del Regno i luoghi di culto dove ci riuniamo. Le chiamiamo così perché tutto il messaggio della Bibbia è incentrato sul tema del regno di Dio, per cui è giusto che i nostri luoghi di culto siano chiamati in questo modo.

Irene Santori. Non avete delle ricorrenze esatte, l’unica che festeggiate è quella del pasto serale del Signore. Ad esempio voi non festeggiate il Natale, perché?

Chezia Pulcini. Per una serie di motivi, posso elencarne almeno tre: prima di tutto il Natale è una festività dichiaratamente di origine pagana. Ricordo che nel 1993 lo stesso Giovanni Paolo II fece sobbalzare non pochi fedeli quando dichiarò che il 25 dicembre era una data puramente convenzionale, che non era la data effettiva della nascita di Cristo, ma che era stata scelta per comodità nel giorno di una festività pagana piuttosto popolare, che era “Il Natale del Sole Invitto”. E questa è già una prima motivazione. La seconda è che Gesù non ordinò mai ai suoi seguaci di celebrarlo, come fece invece per la celebrazione della sua morte, cui accennava lei poco fa. Inoltre non ci sono documenti storici da cui si desuma che i primi cristiani lo celebrassero, e questo per noi è un punto fondamentale, poiché uno dei nostri desideri principali è quello di aderire al modello lasciato dai primi cristiani, perché sono stati quelli più vicini al modello apostolico.

Irene Santori. Viene invece celebrata la sua morte, il pasto serale a cui ho accennato prima, che quest’anno coincideva con la Pasqua ebraica.

Chezia Pulcini. In linea di massima coincide sempre con la pasqua ebraica. Noi celebriamo questa ricorrenza nel giorno che corrisponde al quattordici del mese di Nisan del calendario ebraico antico. È piuttosto semplice calcolare questa data, perché il calendario ebraico è un calendario lunare e il mese di Nisan iniziava con la prima luna nuova dopo l’equinozio di primavera, per cui è facile calcolare il quattordicesimo giorno di quel mese.

Irene Santori. Le adunanze, come voi le chiamate, sono sia quelle domenicali che infrasettimanali: cosa fate durante queste adunanze?

Chezia Pulcini. Le nostre adunanze non hanno un carattere liturgico, non ci sono cerimoniali, non ci sono dei rituali stricto sensu, hanno un carattere più propriamente didattico. Si va all’adunanza per saperne di più sulla Bibbia e per apprendere come applicare i principi biblici alla propria vita. Le adunanze sono strutturate in vario modo, ci sono conferenze, fasi di di lettura della Bibbia e ci sono anche delle parti interattive nelle quali l’uditorio è invitato a partecipare con le proprie testimonianze, le proprie riflessioni, le proprie considerazioni.

Irene Santori. Il tema biblico è scelto dal corpo direttivo, è corretto?

Chezia Pulcini. Sì, ed è un aspetto interessante, perché il tema in questo modo è uguale in tutto il mondo. Che lei assista ad un’adunanza a Nairobi o a New York, o in un paesino della Maiella, il tema sarà lo stesso e questo contribuisce al senso di appartenenza alla comunità unica e ad una fratellanza mondiale.

Edizione americana della rivista Torre di Guardia

Edizione americana della rivista Torre di Guardia

Irene Santori. Parliamo della predicazione, che per voi è obbligatoria. Tutti dovete predicare, non esistono Testimoni di Geova non deputati alla predicazione. Ed è una predicazione porta a porta, obbligatoria. Tutti dovete praticarla.

Chezia Pulcini. Non credo sia il termine giusto, non è un obbligo, ogni cristiano sente personalmente il dovere di condividere con gli altri ciò che ha imparato dalla Bibbia. È un dovere che verte sul modello biblico: lo stesso Gesù predicava e invitava a predicare i suoi apostoli, quindi noi siamo spinti a farlo seguendo il suo esempio, ma non c’è un forzare dall’esterno.

Irene Santori. Voi bussate letteralmente alla porta dei vostri interlocutori, e come sappiamo ciò  suscita molte perplessità. L’ambiente domestico è un luogo strano in qualche modo, perché è sì un luogo di conforto, di sicurezza, ma può essere anche vulnerabile, fragile e nascondere la solitudine delle persone. Molti vi rimproverano di contattare le persone nel loro “punto debole”. Cosa mi dice su questo?

Chezia Pulcini. Cerchiamo sempre di fare con discrezione e il padrone di casa è libero di accettare o meno le nostre visite. Anche Gesù andava di casa in casa, anche lui entrava nell’intimità delle persone del suo tempo.

Irene Santori. Ci sono aree più ricettive alla vostra predicazione? Aree urbane, piuttosto che aree periferiche o quartieri ricchi?

Antonio Del Rio. No, la ricettività ha un andamento molto uniforme dovunque, con le dovute eccezioni naturalmente. In Occidente, come in Italia, non vi sono fasce sociali più o meno accoglienti.

Irene Santori. Lei tra l’altro si è convertito proprio grazie ad una di queste visite porta a porta un giorno di 38 anni fa.

Antonio Del Rio. Sì, ero un po’ più giovane allora.

Irene Santori. Tocchiamo ora un tema legato alla morale pubblica, che è piuttosto scottante, il tema delle emotrasfusioni. Perché su vaccinazioni o trapianto gli organi direttivi della Torre di Guardia concedono libertà di scelta personale, senza farne una norma religiosa, perché non succede la stessa cosa per le emotrasfusioni? Da dove nasce il divieto per le trasfusioni di sangue?

Antonio Del Rio. È un principio che i Testimoni di Geova hanno tratto dalle Scritture. La Bibbia contiene diversi brani che esprimono il comando di non utilizzare e di non fare alcun uso del sangue. Fin dalla cosiddetta legge mosaica, e ancora prima dai Comandi Noetici esposti nella Genesi, astenersi dal sangue è considerata prerogativa dei servitori di Dio. Al sangue viene attribuito un valore sacro, e da qui il non uccidere e l’astenersi dall’uso del sangue per scopi alimentari. Il sangue viene assunto da Dio come simbolo della vita e deve poi ritornare a Dio.

Irene Santori. Si è trovata una specie di artificio. Attraverso la temporanea sospensione della patria potestà da parte delle autorità giudiziarie, nel caso in cui sia in ballo la vita di un minore, si può togliere temporaneamente la patria potestà e quindi praticare una emotrasfusione a un minore che si trovi in pericolo di vita.

Antonio Del Rio. Il principio di non utilizzare il sangue e di astenersi dal sangue  a scopo alimentare era  già presente in quello che dagli studiosi chiamano il primo Concilio di Gerusalemme, nel quale si imponeva ai pagani che si convertivano al cristianesimo, quindi ai primi cristiani, di non utilizzare il sangue. Col tempo il sangue è divenuto strumento medico molto importante, ma i Testimoni di Geova ritengono che utilizzare sangue per via di una trasfusione sia errato. La scelta di non avvalersi di questa terapia medica coinvolge vari aspetti, che riguardano sia la libertà religiosa che di coscienza.

Irene Santori. Questo compromesso per la posizione dei minori viene vissuto come un sopruso o come un sollievo?

Antonio Del Rio. Per quanto riguarda i minori credo che la famiglia sia il luogo deputato all’educazione dei figli e alla preservazione della loro salute, quindi nel caso in cui un figlio abbia bisogno di una trasfusione pensiamo sia doveroso avvalersi delle strutture o dei medici che rispettino il nostro divieto di utilizzare il sangue. Quando si tratta di minori molto piccoli, e visto che siamo in uno stato di necessità in cui è in gioco la vita, non c’è possibilità, in Italia come anche in altri paesi, di imporre il divieto di cui sopra, bisogna applicare le  normative che prevedono che lo stato deleghi a sé, giustamente, la tutela  della salute dei minori.

Irene Santori. Normative dello stato, questo ci porta ad un tema che non abbiamo ancora toccato: il rifiuto radicale, non negoziabile, da parte dei Testimoni di Geova all’uso delle armi e a qualsiasi contatto diretto o indiretto con tutto ciò che possa anche solo evocare scenari bellici. Pacifismo assoluto dunque, di cui parliamo con il nostro terzo ospite che ci introduce nello scenario della persecuzione nazi-fascista dei Testimoni di Geova. Saluto allora Matteo Pierro, in collegamento con noi.

Matteo Pierro.  Buongiorno a tutti e grazie per l’invito.

 

Irene Santori. Lei è autore di un libro che documenta gli accadimenti di cui stiamo per parlare, il titolo è Fra martirio e resistenza. La persecuzione nazista e fascista dei Testimoni di Geova, edito dalla casa editrice Lariologo. Affrontiamo questo tema partendo da un episodio che riguarda direttamente l’autore di questo libro, perché Matteo Pierro si converte ai Testimoni di Geova all’età di diciotto anni quando è ancora in vigore il servizio militare obbligatorio, e che cosa le accade?

 

Matteo Pierro. Ero un obbiettore di coscienza e all’epoca l’unica alternativa al servizio militare era una pena detentiva da scontare in carcere e sapevo già che prima o poi mi sarei ritrovato di fronte a questa evenienza. Ho scelto la pena detentiva anziché imparare ad usare le armi e sono stato condannato a un anno di reclusione che ho scontato nelle carceri militari di Bari e di Sora. Alcuni  amici, detenuti per lo stesso motivo in quel periodo, furono condannati a pene detentive anche più lunghe.

Irene Santori. Nel suo libro esordisce marcando una differenza: i Testimoni di Geova uccisi e perseguitati dal nazi-fascismo da lei non vengono definiti vittime, ma martiri. Perché?

 

Matteo Pierro. Bisogna definire i termini: la vittima è chi subisce o viene ucciso senza che possa fare nulla per evitare ciò, il martire invece, secondo quanto dicono i dizionari, è chi viene ucciso perché rifiuta di trasgredire la legge di Dio, o chi si sacrifica per una nobile causa. Durante il nazismo vennero perseguitati milioni di persone: uomini, donne, vecchi, bambini per svariate ragioni (perché oppositori politici, ebrei, zingari, omosessuali) e tutti costoro dovettero subire la persecuzione senza poter fare nulla per sottrarsi ad essa e di conseguenza vengono giustamente definite vittime. Il caso delle migliaia di Testimoni di Geova perseguitati dal nazismo credo sia diverso, perché a loro venne offerta la possibilità di sottrarsi alla persecuzione, ma la accettarono pur di non rinunciare ai principi biblici in cui credevano.

Vignetta della stampa nazista contro la predicazione dei Testimoni di Geova

Vignetta della stampa nazista contro la predicazione dei Testimoni di Geova

Irene Santori. Avrebbero potuto salvarsi firmando semplicemente un documento di abiura che lei trascrive testualmente nel suo libro: «Riconosco che l’Unione Internazionale dei Testimoni di Geova diffonde una dottrina eretica e che con il pretesto di attività religiose persegue fini sovversivi. Per questa ragione mi sono staccato definitivamente da questa religione e mi sono liberato, anche interiormente, da questa setta. In futuro intendo osservare le leggi dello Stato, difendere con le armi la mia patria in caso di guerra e integrarmi completamente nella comunità nazionale». Non c’era solo il rifiuto di imbracciare le armi, ai Testimoni di Geova veniva rivolta anche l’accusa di antistatalismo.

 

Matteo Pierro. Dovremmo aver chiaro che cosa significasse vivere nella Germania nazista: significava vivere in uno stato che richiedeva ai cittadini di sostenere il partito, le sue attività paramilitari e lo sforzo bellico per il riarmo della Germania dopo la Prima Guerra Mondiale. Tutto ciò era contro i principi di chi si rifà a ciò che dice la Bibbia, di non uccidere e di non utilizzare le armi contro il prossimo.

 

Irene Santori. O di una persona che non riconosca alcuna autorità oltre Geova.

 

Matteo Pierro. Noi Testimoni di Geova ci sforziamo di comportarci come buoni cittadini, ci sforziamo di ubbidire a tutte le leggi dello stato e di pagare le tasse, se però ci troviamo di fronte a una legge statale che contrasta con una legge divina noi, per usare un’espressione degli apostoli, preferiamo ubbidire a Dio come nostro governante anziché agli uomini.

 

Irene Santori. Come si manifestò la persecuzione nazista?

 

Matteo Pierro. I Testimoni di Geova furono tra i primi ad essere perseguitati. Quando si parla di Olocausto si pensa giustamente alla persecuzione degli ebrei, ma questa fu attuata diversi anni dopo la presa del potere di Hitler. Per quanto riguarda i Testimoni di Geova fin dal 1933 vennero emanate delle leggi che proibivano le loro attività, e nel 1937 venne emanata una legge che proibiva ai Testimoni di Geova di riunirsi e di stampare libri. Venne anche diffusa una circolare della Gestapo che imponeva agli uffici dipendenti di arrestare qualsiasi persona che promuovesse le attività dei Testimoni di Geova. Parliamo di una persecuzione che interessò 20.000 persone (tanti erano allora i Testimoni di Geova presenti in Germania), non solo uomini in grado di prestare servizio militare, ma anche donne che non volevano partecipare allo sforzo bellico lavorando nelle fabbriche di armi e munizioni o anche solo di cucire una divisa militare. Parliamo di ragazzi che si rifiutavano di aderire alla Gioventù Hitleriana, in quanto organizzazione paramilitare a cui i giovani tedeschi erano obbligati ad aderire. Questo per molti significò la perdita del posto di lavoro e per 860 bambini significò essere strappati ai propri genitori e rinchiusi in case di rieducazione. Molti altri furono rinchiusi nei campi di concentramento dove poi trovarono la morte. Quando scoppiò la Seconda Guerra Mondiale la persecuzione nei confronti dei Testimoni di Geova subì un’accelerazione. Vi erano delle commissioni che visitavano i lager e le prigioni naziste per reclutare uomini abili per il servizio militare, chi rifiutava in quanto obbiettore di coscienza praticamente firmava la sua condanna a morte. Condanna che per i Testimoni di Geova non prevedeva la fucilazione bensì la ghigliottina, perché i nazisti li ritenevano indegni delle pallottole di un plotone di esecuzione.

 

Irene Santori. Come andarono invece le cose nell’Italia fascista?

 

Matteo Pierro. La persecuzione riguardò i circa 150 Testimoni di Geova allora presenti in Italia: alcuni furono arrestati, altri mandati al confino, altri diffidati. Interessante è il fatto che l’unico processo di natura religiosa tenutosi in un tribunale speciale fascista nell’aprile del 1940 riguardò ventisei testimoni di Geova che furono condannati a un totale di 108 anni di reclusione. Solo nel 1957 furono riabilitati con la revisione del processo.

Irene Santori. Facendo un calcolo percentuale possiamo dire che i Testimoni di Geova abbiano rappresentato la fede religiosa più perseguitata dal fascismo.

 

Antonio del Rio. La quasi totalità fu perseguitata.

 

Irene Santori. Vorrei ricordare un particolare importante segnalato dal suo libro, e cioè che a mezzo dei loro organi di stampa i Testimoni di Geova furono tra i primi a denunciare la  soluzione finale messa in atto dal regime nazista.

 

Matteo Pierro. Furono tra i primi ad essere perseguitati a causa dell’obiezione di coscienza e quindi furono anche i primi ad avere cognizione di cos’era lo stato nazista e di conseguenza nelle loro pubblicazioni e nelle loro riviste informarono il mondo intero su quanto stava avvenendo in Germania. Ad esempio nel 1937, quando ancora non si parlava di soluzione finale, i Testimoni di Geova informarono l’opinione pubblica mondiale sugli esperimenti con i gas venefici condotti nel campo di concentramento di Dachau, quando non si sapeva ancora nulla di ciò che stava accadendo agli ebrei. I Testimoni di Geova informarono su quanto era accaduto in Germania nella Notte dei Cristalli, o di ciò che le Einsatzgruppen cominciarono a fare allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Queste erano unità speciali che seguivano l’esercito tedesco con lo specifico scopo di sterminare le comunità ebraiche.

 

Irene Santori. Adesso affrontiamo un argomento “gigantesco”, quello della carica millenaristica che contraddistingue i Testimoni di Geova. Voi credete che che prima o poi arriverà la fine del mondo. Quando arriverà ?

  

La rivista Bible Students Monthly

Antonio Del Rio. Non tanto la fine, quanto l’inizio di un nuovo mondo. L’idea implicita nel Padre Nostro, «Venga il tuo regno», esemplifica bene il fatto che i cristiani avrebbero dovuto aspettare un futuro in cui Cristo sarebbe tornato per eliminare l’attuale sistema corrotto e malvagio e dare inizio al regno di Dio qui sulla terra. Il millenarismo dei Testimoni di Geova deriva dal libro delle Rivelazione dell’Apocalisse, l’idea che alla fine dei tempi Gesù sarebbe tornato e avrebbe dato inizio a un’epoca di pace, eliminando la malvagità e instaurando il paradiso sulla terra, e la possibilità per gli uomini di eliminare il peccato, l’imperfezione e quindi la morte. Una Terra che deve tornare ad essere un paradiso.

 

Irene Santori. C’è anche una parte distruttiva in tutto ciò.

 

Antonio Del Rio. Il regno di Dio dovrà porre fine al sistema malvagio che non segue la guida di Dio e che non accetta di vivere secondo gli insegnamenti biblici cristiani. Secondo i Testimoni di Geova noi viviamo già in questa epoca in cui sta per arrivare questo regno di Dio. Epoca  inauguratasi nel 1914 perché gli avvenimenti storici di quell’anno hanno fatto capire che questo secolo si preparava all’arrivo dei tempi nuovi.

 

Irene Santori. C’è però da chiedersi se quando voi predicate questa dottrina millenaristica con questo argomentazione non facciate leva sulle paure e sulle angosce per il futuro. E anche un certo gusto, una certa eccitazione catastrofista per così dire. Vi rendete conto di incontrare persone in qualche modo protese verso questo immaginario?

Antonio Del Rio. Certo, però credo che dobbiamo essere onesti e coerenti su quello che è stato effettivamente il messaggio di Gesù. L’idea che si debba attendere sulla terra il regno di Dio fa parte del messaggio a cui Gesù ha dato origine proprio perché era la soluzione di tutte le problematiche legate all’esistenza del male nel mondo dalla creazione fino ad oggi. Quindi, a parte questo aspetto, credo che recuperare i valori spirituali sui quali vivere la propria vita serva a preparare una società  pronta ad instaurare su questa terra il regno di Dio.

Ascolta la puntata di ‘Uomini e Profeti’.

IRENE SANTORI, si è laureata in Filosofia nel 1999 presso l’Università di Roma La Sapienza. Affianca Gabriella Caramore nella conduzione della trasmissione radiofonica Uomini e Profeti, Radio3-Rai. Nel 2003 e nel 2004 ha pubblicato con l’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, nel 2003 ha tradotto per Einaudi, nel 2006 ha pubblicato la sua prima raccolta di poesie, In tempo e disparte (Edizioni Gazebo), nel 2011 ha pubblicato il volume Jean Racine. Poesie Sacre (Olschki), introduzione, traduzione e commento, nel numero di ottobre 2013 della rivista internazionale ‘Poesia’ ha pubblicato una silloge tratta dalla sua ultima raccolta poetica, Hotel Dieu. Dal marzo 2011, è membro del Consiglio direttivo della Libera Associazione Vasco Bendini.

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