Gregory Hays

L’antico eroe greco in 24 ore

da ''The New York Review of Books''
LETTERATURA - ISTRUZIONE: Il libro di Gregory Nagy, The Ancient Greek Hero in 24 Hours, non è solo una riflessione sul ruolo dell’eroe nell’epica omerica e nella letteratura greca antica, ma anche uno strumento per capire se i MOOC (corsi online in cui un singolo professore può insegnare a migliaia di studenti su internet), considerati al momento la nuova frontiera dell’innovazione tecnologia nel campo dell’educazione, riusciranno a soppiantare i metodi di insegnamento classici.
GREGORY NAGY, The Ancient Greek Hero in 24 Hours, Belknap Press/ Harvard University Press, pp. 727, $35,00

La domenica mattina del 10 giugno 2012, la facoltà, lo staff e gli studenti dell’Università della Virginia furono avvertiti di un golpe di palazzo. Il presidente dell’università, Teresa Sullivan, era stata spinta a rassegnare le dimissioni da una piccola fazione del consiglio d’amministrazione. I cospiratori erano guidati dal presidente del consiglio (il “rettore” nel gergo locale), un’imprenditrice edile di Virginia Beach di nome Helen Dragas.

I motivi del golpe non sono mai stati chiariti del tutto, forse perché questi responsabili non erano a loro volta molto sicuri di quello che stavano cercando di ottenere. Ma la mitologia dell’evento ha messo in evidenza due temi. La Sullivan veniva vista come insufficientemente aggressiva nel perseguire quello che i cospiratori del consiglio vedevano come la prossima grande moda nell’educazione: corsi online aperti (MOOC), in cui un singolo professore insegna a migliaia o a decine di migliaia di studenti su internet. Di lei si diceva che si fosse anche opposta alle proposte di chiusura di programmi oscuri e non remunerativi – in particolare del dipartimento di studi classici .

Il presidente dell'Università del Virginia Teresa Sullivan

Il presidente dell’Università del Virginia Teresa Sullivan

Il seguito è ben noto. Dopo due settimane di proteste da parte degli studenti e di critiche a livello statale, i cospiratori furono costretti a fare marcia indietro e la Sullivan fu reintegrata. Ma l’episodio è diventato il simbolo di una tensione tra i modi classici di insegnare (poiché cosa può essere più classico degli studi classici?) e le nuove, “deleterie” tecnologie, simbolizzate dal MOOC. Come il nuovo libro di Gregory Nagy illustra, la realtà è più nebulosa.

Nagy ha ottenuto un Ph.D. ad Harvard nel 1966. Ancora ventenne fu assunto immediatamente come membro di facoltà e, eccetto che per un breve lasso di tempo alla John Hopkins, è rimasto lì da allora. Egli ha ottenuto la maggior parte dei riconoscimenti a cui un classicista americano può aspirare, inclusa la presidenza della American Philological Association e la cattedra Sather a Berkeley. È stato un tutor generoso per due generazioni di laureandi, uno svelto impresario per diverse serie di monografie accademiche, e, più recentemente, direttore del Centro per gli Studi Ellenici a Washington. Ora, superati i settanta, è riuscito a diventare un’eminenza grigia senza quasi mai cessare di essere un enfant terrible.

Tutto il lavoro di Nagy ha avuto a che fare con la letteratura greca delle origini, e quasi tutto, direttamente o indirettamente con Omero. Molti dei suoi interessi caratteristici sono già presenti nel suo primo libro, intitolato in maniera austera Comparative Studies in Greek and Indic Meter (1974). Come tutti i moderni esperti di Omero, Nagy parte dalle dimostrazioni di Milman Parry (1902-1935) e del suo allora assistente Albert Lord che i poemi omerici riflettono – e riflettono su – la lunga tradizione di composizione e di trasmissione orale. Parry morì giovane in maniera tragica, sette anni prima della nascita di Nagy, ma Lord fu uno degli insegnanti di Nagy e suo collega per molti anni ad Harvard (è morto nel 1991).

Lo stesso Nagy ha combinato l’enfasi sulla composizione e la tradizione orale con la formazione nella linguistica indeuropea e con l’interesse per lo strutturalismo. Quest’ultimo nasce dal suo background di studi linguistici ma è stato anche arricchito dai contatti personali con classicisti francesi come Jean Pierre Vernant, Marcel Detienne e Nicole Loraux. L’approccio che ne è risultato ha ottenuto un ampio pubblico accademico con il suo acclamato secondo libro, The Best of the Achaeans (1979). Il suo lavoro successivo ha esteso e applicato questo approccio a qualche nuovo materiale, ma non lo ha cambiato in maniera fondamentale. Le pubblicazioni di Nagy, infatti, costituiscono un sistema autosufficiente (e molto autoreferenziale); se si aprisse una pagina a caso, sarebbe difficile indovinare se sia stata scritta nel 1980 o nel 2010.

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