Roberto Quagliano

Le Interviste Imposssibili: Ernest Hemingway

Il Maschio numero Uno d’America lo definirono. Le recenti biografie sostengono di guardare, attraverso le ipocrisie del maschio numero uno d’America, la tragedia della virilità che andò in scena nella sua vita e nelle sue opere migliori.
Questo articolo è la trascrizione della puntata di “Le Interviste impossibili” dedicata a Ernest Hemingway. La serie TV è prodotta da Kamel Film in collaborazione con RAI Cultura: sei puntate di 30 minuti l’una.
Roberto Quagliano è autore di testi, sceneggiatura e regia. 
Giulia De Florio, Giovanna Buonanno, Annamaria Contini del dipartimento di lingue e letterature straniere dell’Università di Modena e Reggio Emilia hanno curato la supervisione scientifica dei testi.
Il testo dell’intervista a Hemingway è stato supervisionato da Mariel Hemingway per conto della famiglia e approvato (Mariel Hemingway fu candidata all’ Oscar per il film ‘Manhattan’ di Woody Allen).
Il progetto riprende l’esperienza fatta da Radio RAI con le interviste ai grandi scrittori e personaggi del passato.
Questa versione televisiva di quella esperienza si dedica a sei scrittori che la serie radiofonica non trattò:
Emily Brontë (1818-48), Lev Tolstoj (1828- 1910), Arthur Conan Doyle (1859-1930), Marcel Proust (1871-1922), Jack London (1876-1916), Ernest Hemingway (1899-1961).

L’intervista agli scrittori sopra menzionati è ricostruita come fosse una intervista televisiva spiata da una telecamera nascosta.

Il taglio ricalca in parte quanto già fatto con le interviste impossibili di Radio RAI scritte dai grandi scrittori italiani attivi all’epoca della realizzazione della serie radiofonica negli anni ’70 del novecento. E quindi Eco, Calvino, Ceronetti, Manganelli, Arbasino e i numerosi altri che hanno contribuito a rendere così famosa quella serie. La nostra versione in larga parte si è basata sui nuovi spunti critici, sia sull’opera che sulla vita degli stessi autori, apparsi negli articoli della ‘New York Review of Books’ di cui noi, come Kamel Film, pubblichiamo questa versione ridotta in italiano. Nell’immaginario dialogo fra l’intervistatore e lo scrittore si ripercorrono sia le esperienze di vita, spesso movimentate e avventurose, sia la poetica. Poetica considerata di per sé stessa e in relazione agli avvenimenti storici contemporanei alla vita dello scrittore. Quindi i movimenti artistici a cui essi si sono contrapposti o a cui hanno aderito e in generale l’esperienza come artisti in relazione al clima culturale che hanno condiviso durante la loro vita.
Una parte delle interviste è dedicata alla ipotetica interpretazione delle tematiche del presente viste attraverso gli occhi di questi grandi del passato. Molte tematiche del presente furono parte del bagaglio intellettuale di tutti loro e già allora da essi furono posti temi ‘moderni’, a noi contemporanei, con un approccio di sfida nei confronti della cultura egemone nella società in cui vissero.

Int.: buonasera Mr Hemingway… la disturbo?

H.: l’intervista… si accomodi. Non amo le interviste, salta fuori sempre qualcosa di diverso da quello che credevi di aver detto… da dove vuole cominciare?

Int.: c’è un episodio significativo che rappresenta bene il suo coraggio e il continuo sfidare la morte. Ricorda quando fu dato per morto dalla stampa mondiale?

H.: fu divertente leggere i miei necrologi e i giudizi sul mio lavoro. Almeno in occasione della mia morte ebbero un certo riguardo … Eravamo in Africa centrale per una battuta di caccia, nel gennaio del ’54… stavamo sorvolando la zona del lago Alberto in Uganda… con mia moglie Mary… all’improvviso l’aereo perse quota. Un qualche cavolo di avaria e ci schiantammo dritti sulla foresta vicino alle cascate Murchison. L’abilità del pilota ci fece scendere illesi: da non credere!

Int.: ma non era finita

H.: esatto! Se no che storia sarebbe stata?

Int.: Ah, ah!

H.: giungemmo in qualche modo a Butiaba sul lago Alberto, a una novantina di chilometri, e riuscimmo a salire su un Rapide De Haviland per raggiungere Entebbe quella sera stessa. Beh, anche quell’aereo, dopo un pauroso rollio, si sollevò e ripiombò di schianto a terra incendiandosi. Ne avevo viste di tutti i colori in Italia e Spagna, ma la concatenazione incredibile di quei fottuti incidenti mi sorprese. Il pilota ruppe a calci un finestrino e fece uscire Mary, ma io, che avevo una certa dimensione, me la dovetti vedere con lo sportello bloccato e non potei far altro che abbatterlo a testate. Riuscii a spaccare quel portellone e mi ritrovai a terra… con della sostanza biancastra che scendeva da dietro le orecchie… oltre al sangue. Un disastro, ma eravamo vivi. Pochi giorni dopo con un altro Cessna raggiunsi l’albergo di Nairobi e lessi, con un ‘entusiasmo immorale’, i necrologi e i giudizi dei miei odiati critici. Fu molto divertente a quel punto…

Int.: queste esperienze estreme l’hanno fatta considerare da una parte della cultura americana come il rappresentante ideale del maschio americano. Il maschio numero uno d’America l’hanno definita.

H.: e dall’altra parte come l’oggetto prediletto del dileggio gratuito; come se essere uomo portasse con sé i germi di una sorta di prevaricazione inevitabile… Non mi è mai interessata né l’una né l’altra di queste interpretazioni del mio personaggio pubblico

Int.: lei ha alimentato sia l’una che l’altra di queste due interpretazioni

H.: potevo tacere sulle cose insensate che scrivevano? Hanno detto delle imbecillità totali e gratuite

Int.: di recente è uscito un articolo sulla New York Review of Books in cui sono riportate parecchie di queste interpretazioni negative del suo personaggio pubblico. Sono uscite tante biografie su di lei e sono state dette cose non sempre lusinghiere

H.: cosa è stato detto? Mi citi una di queste cose. Rispondendo a quella risponderò a tutte.

Int.: si afferma per esempio questo: il continuo scavare nella vita di Hemingway crea il pericolo della contaminazione, a meno che non riusciamo a vedere attraverso le ipocrisie del maschio numero uno d’America, la tragedia della virilità che andò in scena nella sua vita e nelle sue opere migliori. In sostanza si suppone che la sua immagine di super maschio d’America nasconda una sua latente omosessualità.

H.: divertente

Int.: Mary Dearborn, nella biografia a lei dedicata, rintraccia l’origine di questa tendenza nella sua infanzia

H.: ah sì? E dove la rintraccia?

Int.: nel modo in cui sua madre Grace insisteva nel trattare lei e sua sorella Marcelline come foste gemelli, tagliandovi i capelli allo stesso modo e insistendo che frequentaste le stesse classi a scuola.

Hemigway da piccolo con famiglia

H.: che mia madre fosse un tipo tremendo è vero, ma non quando mi tagliava i capelli in un certo modo. Lo fu quando mi tagliò i fondi al ritorno dalla guerra. Non era d’accordo che avessi interrotto gli studi per dare un’occhiata alla vita vera, così mi costrinse a cercare un lavoro come cronista. Un lavorò che mi portò a Toronto addirittura.

Int.: non risponde alla latenza omosessuale ipotizzata da alcuni biografi? Anche Zelda Fitzgerald la definì in maniera sarcastica ipotizzando la stessa cosa

H.: è comprensibile che la donna di un uomo debole veda, in chi non lo è, potenziali debolezze consolatorie… le piacerebbe si dicesse che ciò che ha fatto nella vita è dipeso da un trauma? Qualunque esso sia? E’ irragionevole e patetico… dare importanza al fatto che mi mettesse un cappottino uguale a quello di mia sorella è un segno dei tempi.

Int.: dare importanza?

H.: il cercare a tutti i costi la ragione nascosta dell’esistente si è diffusa come un virus ed è diventata patrimonio comune. Ciò fa sottovalutare la realtà dei fatti a favore di un’ipotetica ragione nascosta e di ciò che essa dovrebbe sottintendere. Ma la realtà è l’unica cosa verificabile, mentre ciò che nasconderebbe dipende dal tipo di razionalità che si privilegia nel giudicarla. Ciò rende queste teorie aleatorie. Se la razionalità è quella giornalistica bisognerà sottintendere qualcosa di pruriginoso, se è quella psicanalitica, il trauma infantile, e via di seguito…

Int.: non colgo a pieno ciò che intende… o sottintende?

H.: ah, carina questa… beve qualcosa?

Int.: no grazie

H.: faccia conto che un giovane operaio si innamori di un’anziana e ricca signora: la teoria psicanalitica parlerà di complesso di Edipo, la teoria sociologica di tentativo di uscire dal proprio status, la teoria del materialismo dialettico di mercificazione dei rapporti affettivi; alla fine viene nascosta la realtà così com’è, il fatto contingente. Diventa il veicolo che trasporta un significato nascosto, conoscibile solo applicandogli qualche disciplina… La realtà è che i due si desiderano, vogliono andare a letto insieme in sostanza: è questa l’unica verità sperimentabile

Int.: a quattro anni venne iscritto al circolo naturalista diretto da suo padre. Che influenza ebbe sul suo amore per la natura e per il rischio?

H.: imparai a distinguere gli animali, le piante, le erbe. Mio padre era medico nel villaggio dove sono nato… e mi portava con sé nelle visite ai pazienti che spesso abitavano in campagna. Questo rafforzò l’amore per la natura… e per la caccia, quando a dodici anni ricevetti in regalo la prima carabina. Molti pensano che la caccia rappresenti una mancanza di amore per la natura, ma è il contrario. E’ il troppo amore che si trasforma in violenza per il desiderio di penetrarla più profondamente. Un paradosso lo so, un vero paradosso…

Int.: direi di sì!

H.: mio padre possedeva un cottage e 40 acri di terreno nel nord del Michigan, sulle sponde del lago Bear, uno sputo di lago vicino a quella specie di oceano che è il lago Michigan. Un paradiso per l’infanzia di un uomo… giornate indimenticabili che cercai di far rivivere nei miei primi racconti: la pesca, la caccia, il nuoto, le scorribande in canoa, gli animali, i profumi del bosco. L’ iniziazione alla vita vera la feci accompagnandolo nelle fattorie e negli insediamenti indiani. Mi innamorai anche di una ragazzina indiana: Prudence.

(estratto dal racconto ‘Campo Indiano’”)

 “Cominciava appena l’alba mentre camminavano per la strada dei tronchi, tornando verso il lago.

  • Mi spiace molto di averti portato Nick, è stata una brutta faccenda.
  • Fanno sempre tanta fatica le donne ad avere bambini?
  • Questo è un caso speciale. Molto speciale.
  • Perché lui si è ucciso?
  • Non lo so Nick. Forse non ce la faceva a vederla soffrire.
  • Sono molti gli uomini che si uccidono, papà?
  • Non molti, Nick
  • Le donne?
  • Quasi nessuna
  • Nessuna proprio?
  • Qualcuna
  • Papà?
  • Sì? …
  • … è difficile morire, papà?
  • No, suppongo sia molto facile, Nick.

Erano seduti nella barca, Nick a poppa, suo padre ai remi. Il sole spuntava dietro le colline. Un pesce saltò, formando un circolo nell’acqua. Nick mise in acqua una mano facendo scia. Nel freddo pungente del mattino, l’acqua sembrava tiepida. In quell’alba sul lago, seduto a poppa della barca, mentre suo padre remava, Nick ebbe l’assoluta certezza che non sarebbe mai morto.”

Int.: Il confronto con la morte e la violenza è iniziato presto. Aveva poco più dell’età del racconto quando le regalarono la prima carabina…

H.: A dodici anni mio nonno Anson mi regalò quel fucile da caccia e scoprii di avere una mira infallibile. Divenni famoso nel circondario. I ragazzetti di Oak Park avendo poco da fare mi presero di mira per questo. Un giorno stavo portando a casa una quantità di quaglie appena abbattute e cominciarono a prendermi in giro. Ovviamente risposi. Non trovarono di meglio che darmi un sacco di botte. Non mi piacque provare paura di fronte a loro… e questo mi spinse a imparare la boxe. Cosa che feci… nell’attesa che si rifacessero sotto… prima o poi.

Hemigway bambino con fucile, Wallom-Lake, Michigan

Int.: costruiva il suo personaggio di duro.

H.: non amo quelle definizioni. Volevo diventare uomo… nel senso probabilmente più tradizionale che conoscessi. Una persona che affronta pericoli e sfide, con timore, ma senza tirarsi indietro per questo… Questo è un duro? … Mi viene in mente un episodio… irrilevante, ma avrà il suo motivo per venirmi in mente… un giorno sedevo alla tavola di una famiglia della media borghesia americana. Quella del sogno americano, ha presente? … notai una cosa strana… era la moglie a comportarsi come il vero uomo… anche nel modo in cui stava seduta. Il marito aveva paura di dire la sua opinione e sedeva composto come uno scolaretto… Non beveva, non fumava, non esprimeva pareri. Aveva paura della moglie. E’ questo l’uomo medio americano? Ogni tanto un accesso della virilità perduta e si incazza a morte con i terroristi… ora è questo il tema, giusto? … e mostra le palle, ridotte a piselli secchi, aderendo con entusiasmo a una nuova insulsa guerra. Per procura, però, perché chi se le gioca sono mercenari o equadoregni o poveracci di quei paesi lì…

Int.: affronteremo la guerra più avanti se vuole. La sua guerra. Lei ha condiviso l’amicizia e la buona tavola con scrittori famosissimi. Capisaldi della letteratura mondiale. Alcuni poco propensi a un atteggiamento così aggressivo nei confronti della realtà. Scott Fitzgerald e Joyce per esempio

H.: per chi si ritrovava con un corpo di oltre uno e ottanta, forte da diventare capitano della squadra di pallanuoto della scuola, oltre a tutti gli altri sport che facevo… cosa rimaneva da fare? Dedicarmi al cucito? La forma mentale influenza le tue decisioni, ma pensare che il corpo non abbia alcuna influenza o che questa debba essere per forza negativa, come crede certa cultura contemporanea, è una cosa priva di senso di realtà.

Int.: il 6 aprile del ‘17 gli Stati Uniti entrarono in guerra e lei si presentò volontario per andare a combattere in Europa. Come altri scrittori che, a differenza di lei, provenivano dalle università: CummingsDos Passos, Faulkner, Scott Fitzgerald: mostri sacri dell’innovazione letteraria.

H.: non andai all’università… era scoppiata la guerra e non potevo aspettare di laurearmi per vedere cosa succedeva nel mondo. Non ne avevo voglia. I miei si incazzarono un sacco e mia madre al ritorno, visto che volevo lavorare anziché studiare, mi tagliò i fondi. Col risultato che lavorai di più… conoscerli di persona fu una fortuna, ebbe un’influenza determinante sulle mie scelte come scrittore.

Int.: il suo stile originale nei dialoghi influenzò le giovani generazioni: molti romanzi e film del secondo dopoguerra risentono di quei dialoghi. I duri alla Chandler e alla Hammett derivano da essi… lei dice dei suoi protagonisti che sono chiamati a mostrare “grazia” in situazioni di disagio, la grace under pressure. Il nuovo stile di recitazione di Marlon Brando derivava dalla moda di imitare i dialoghi secchi dei suoi romanzi?

H.: non saprei… ma i protagonisti alla Brando mi colpivano. Erano eroi soli, ma già Martin Eden di London lo era… ma non erano degli sconfitti. Qualcosa travalicava il loro ruolo sociale. Come rimanesse loro un’unica possibilità per conservare dignità. In un mondo che aveva spazzato via tutto l’unica possibilità era di sentirsi soli sì, ma senza esserne angosciati… cosa ne pensa?

Int.: mi pare vicino al suo understatement… il basso profilo e il distacco dei suoi dialoghi?

H.: Brando o Dean o Newman, anche se sconfitti nel ruolo sociale, sono meglio dei contendenti perché questi non riescono neanche a scalfire il loro individualismo estremo… è come fossero spostati rispetto al ruolo che interpretano… autoironici… e questo per conservare la loro dignità di uomini… e il trucco sta nel non far coincidere se stessi con il proprio ruolo sociale… come purtroppo fanno certi scrittori… ciò porta a un’accettazione denevrotizzante del loro essere soli e mortali. Intoccabili… ma soli.

Int.: un legame col suo continuo sfidare la morte? Per rimarginare le ferite e liberarsi dalle nevrosi?

H.: sono uomini sensibili e giusti che di fronte a una finanza che ha bisogno di vermi e aguzzini, imparano a proprie spese come sia inevitabile diventare delle bestie. Da qui l’essere duri… ma traspare la carica di rancore e di odio verso un’organizzazione sociale che purtroppo abbruttisce gli uomini mentre abbellisce le merci.

Int.: venne quindi arruolato nei servizi di autoambulanza come autista. Ma non bastava: nel giugno del ‘18 lei, di stanza a Schio, faceva bagni nel torrente e giocava a pallone con gli amici. Cosa fece, stufo di non vedere da vicino la guerra?

H.: chiesi di essere mandato sulla riva del Piave, a Fossalta, come assistente di trincea. Portavo in prima linea dei generi di conforto con la bicicletta. Nella notte tra l’8 e il 9 luglio fui colpito dalle schegge di una bombarda austriaca… ma mi colpirono indirettamente perchè un soldato italiano fece da scudo col suo corpo. E mi salvò la vita… Un altro vicino a noi rimase ferito. Me lo caricai in spalla, ma mentre lo trasportavo fui colpito da una mitragliatrice al piede destro e alla rotula. Alla fine riuscii a salvarlo. Chi mi fece da scudo… ora è stato identificato… Fedele Temperini di 26 anni, di Montalcino. Il posto del miglior vino del mondo… Mi fa piacere ricordarne il nome. Non sarà più un milite ignoto come migliaia di altri… in quei giorni ho visto l’avvio al massacro di migliaia di giovani italiani… E’ dall’8 luglio del ’18 a Fossalta che non sono più ‘hard boiled’, un ‘duro’… da quando sentii uscire l’anima dal corpo come un fazzoletto sfilato dal taschino…

Int.: non fu la sua prima esperienza con la morte

H.: ero arrivato a Milano da Parigi da due giorni… dopo un viaggio con i piedi penzoloni dal portellone del treno… nel paesaggio più bello del mondo, la val di Susa… esplose una fabbrica di munizioni alla periferia di Milano e fui mandato lì come prima operazione.

Int.: E…?

H.: sul filo spinato che delimitava il terreno, fino a 250 metri dalla fabbrica, erano appesi pezzi di corpi, parti di teste, braccia, gambe, capelli, interi torsi umani. Prendemmo una barella e iniziammo a raccogliere i frammenti. Il primo che vedemmo fu il corpo di una donna senza gambe, senza testa, le interiora che fuoriuscivano. Io e il mio compagno quasi svenimmo, ma stringemmo i denti e posammo quella cosa sulla barella…

Int.: la accusano di eccessivo cinismo nella descrizione di questi fatti, ma ripensando a un’esperienza personale capisco questo distacco. Nell’ agosto dell’ ’80 evitai una scena simile a quella vissuta da lei: la strage alla stazione di Bologna. I colleghi al mio ritorno dal periodo di vacanze mi raccontarono quella scena con lo stesso distacco e quando anni dopo intervistai i sopravvissuti alla strage uno di loro mi parlò in termini distaccati di una testa che si aprì nelle sue mani.

(un sopravvissuto alla strage di Bologna racconta l’esperienza di quando, sollevando il corpo di un collega tassista colpito a morte dall’esplosione, si ritrovò fra le mani la testa del poveretto)

H.: come descrivere una cosa del genere? Ti vengono in mente i suoi figli, i genitori, la loro sofferenza… Ma cosa serve parlarne, chiunque la immagina leggendo quelle parole.

Int.: la ‘grace under pressure’, l’eleganza che si mostra nella difficoltà… ma c’entra anche la teoria dell’iceberg e le emozioni represse nell’understatement: sua invenzione che, come ha scritto Fernanda Pivano, ha cambiato la letteratura occidentale. In cosa consiste questa teoria dell’iceberg?

H.: Se uno scrittore sa di cosa parla, può omettere le cose che sa, e il lettore, se lui scrive con verità, ha la sensazione di esse come se le avesse descritte. Il movimento di un iceberg è dignitoso perché solo un ottavo della sua mole sporge dall’acqua. E’ questa la teoria… in sostanza una sottrazione di parole e di descrizioni di cui sono debitore a Joyce. Fu lui a suggerirmela: direttamente e con le sue opere.

Int.: quindi l’influenza degli amici scrittori a Parigi fu determinante

H.: ma c’era qualcosa di mio fin dall’inizio e credo derivasse dall’esperienza nell’orchestrina della scuola. Per esempio nel primo capoverso di ‘Addio alle Armi’ ho voluto usare la congiunzione ‘e’ nel modo in cui Bach usa a ripetizione una stessa nota musicale. Le iterazioni delle parole, anche 7 volte nello stesso periodo, così amate dai miei critici, e, ironicamente, dai critici della sinistra più ideologica… quelle ripetizioni avevano origine nella mia esperienza come musicista.

Int.: ‘così amate dai critici della sinistra’: come mai? Erano lontani dalla sua sensibilità…

H.: Il critico russo Kashkeen colse meglio di tutti il senso del mio lavoro… era talmente ideologizzato che non riuscivo a capacitarmi come mai proprio lui l’avesse colto meglio di me stesso. Ma così deve essere, chi legge scopre cosa ha fatto chi ha scritto. Glielo riconobbi con diverse lettere che gli spedii.

Int.: il periodo trascorso a Parigi, Gertrude Stein, Dos Passos, Fitzgerald, Joyce, Cummings, Faulkner, Ezra Pound… tutti innovatori. Hanno influenzato la sua scrittura?

Hemingway e Dos Passos

H.: ‘Il Sole Sorge Ancora’ e ‘Addio alle Armi’ non sarebbero come sono senza l’’Ulisse’ di Joyce. Lui ha cambiato tutto, rese possibile abbandonare le restrizioni. Queste riguardavano l’onestà riguardo al sesso, ma anche riguardo allo stile. Usai la libertà che lui creò. Il tono dei racconti su Nick Adams deriva da ‘Gente di Dublino’: è impossibile immaginare il mio primo testo riuscito, ‘Campo Indiano’, se non ci fosse stato ‘Arabia’ di Joyce. Tagliai otto pagine dall’inizio del racconto e lo feci per gettare il lettore, come Joyce, direttamente nel mezzo dell’azione. 

Int.: ha anche scritto un monologo che ricorda quello famoso di Joyce

H.: il monologo interiore della moglie di Harry Morgan, Marie, che conclude ‘Avere e non Avere’… forse non è degno di quello di Molly Bloom nell’’Ulisse’, ma Joyce mi diede il permesso di provarci… e io ci provai…

Int: non sempre fu a suo agio con quei giganti

H.: non mi trovavo con gli scrittori/scrittori tipo Huxley, Elliot e Faulkner… non ne condividevo la ‘cerebralità’… Quelli che si atteggiavano a scrittori poi… mi annoiavano. Le bevute con Dos Passos, Joyce, quelle mi piacevano… magari si parlava anche di letteratura, ma il piacere veniva dallo stare insieme a bere. Fare un po’ gli imbecilli. Non ha idea come fossero piacevoli le serate in cui la moglie di Joyce ci accoglieva sulla soglia di casa dicendo ‘Ecco che arrivano due famosi scrittori ubriachi’.

Int.: negli anni 30 molti scrittori si indirizzarono verso l’impegno sociale… Dos Passos, Steinbeck, Caldwell, Dreiser e altri. Anche lei si mosse in quella direzione

H.: sì, con ‘Chi Vince Non Prende Nulla’ e ‘Avere e Non Avere’. Le disuguaglianze sociali mi interessavano… e come poteva essere altrimenti con la crisi del ’29 che faceva le sue vittime? Ma non potevo essere comunista, come lo furono Dos Passos e Steinbeck per esempio. Ho sempre creduto nella libertà. Volevo prima di tutto badare a me stesso e al mio lavoro. Poi provvedere alla mia famiglia. Poi magari aiutare il mio vicino con cui mi trovavo a bere. Ma dello Stato non mi importava nulla. … ho sempre creduto in un minimo indispensabile di governo, ma niente di più. Il paradosso è che l’FBI negli anni 30 cominciò a tenermi d’occhio per la mia partecipazione alla guerra civile spagnola dalla parte dei repubblicani e contro i fascisti. Continuarono a controllarmi per tutta la vita.

Int.: come mai? Secondo loro avrebbe dovuto stare dalla parte dei fascisti?

H.: ti pare che un’istituzione così importante, della più grande democrazia del mondo, si preoccupi se un cittadino combatte dalla parte dei democratici? Appunto: cosa dovevo fare, stare coi fascisti? Hanno sospettato di me per tutta la vita facendomi perdere il senno, alla fine. Da non credere.

Int.: un critico ha detto “il costante ritorno a luoghi di morte e di pericolo erano sintomi della lunga gittata delle sue esperienze di guerra.” Come mai sempre alla ricerca di questo confronto con la morte?

H.: vivevo in una piccola cittadina in cui al massimo potevi essere preso a botte per un bottino di quaglie, provavo un grande piacere a scrivere, ma non potevo raccontare per tutta la vita la natura e le eccentricità della provincia americana. Volevo vedere la vita vera e dove la si trova se non in guerra? Scoppiò quell’anno e lì incrociai lo stesso desiderio dei grandi scrittori americani dell’epoca… Cosa fanno oggi gli scrittori per trovare spunti per le loro narrazioni?

Int.: tengono corsi di scrittura creativa e partecipano a festival di letteratura, spuntati come funghi

H.: sono esperienze eccitanti? Si fanno pagare?

Int.: molto bene alcuni. Hanno agenti cazzuti. Anche i meno noti.

H.: è quella la fonte di ispirazione? Sparare al portafoglio degli allievi? Di plastica ovviamente: guai se fosse di coccodrillo…

Int.: si infilano molto poco nelle guerre in giro per il mondo. E dire che ce ne sono parecchie…

H.: che peccato…

Int.: a proposito di pelle di coccodrillo… ho trovato fastidiose le uccisioni di grandi animali in ‘Verdi Colline d’Africa’. In particolare quella di un rinoceronte con un tiro mirabile da 200 metri… Ho sperato che si rialzasse e la incornasse.

H.: non è una delle mie opere migliori… ma non ha idea cosa si provi a cacciare in una natura così primordiale da far dimenticare ogni parametro di decenza civilizzatrice. La natura con l’evoluzione ha assunto le più diverse forme, ma solo in Africa senti il profumo dell’origine della vita. In ogni altro luogo quell’ origine è stata contaminata dalla cultura.

Int.: tra le ferite che la segnarono c’è l’abbandono da parte del suo primo grande amore: Agnes. Non la raggiunse negli Stati Uniti come promesso. E se avesse mantenuto la promessa?

H.: mi scrisse “Ernie, caro ragazzo… Sono e sarò sempre troppo vecchia, e questa è la verità, e non posso dimenticare il fatto che tu sei solo un ragazzo… Credo di stare per sposarmi”. Il marito, che non sposò mai, era un ufficiale napoletano degli Arditi di nobile famiglia. La mancata promessa e l’amore per lei lasciarono un segno profondo nella mia esperienza di uomo e di scrittore. Ero nuovo, nel senso in cui usa questa parola Dos Passos riferita ai ragazzi… nuovo a un’esperienza d’amore così completa. Quella ferita edificò nella mia anima il rancore verso le donne che in seguito mi furono vicine. Fu quel rancore che mi spinse a una vita sentimentale così turbolenta.

Int.: la descrizione di quell’amore è però uno dei punti più alti della sua letteratura

H.: non riuscii più a creare un personaggio femminile come quello ispirato a lei in ‘Addio alle Armi’. E non ebbi mai quella vita familiare che avevo immaginato con lei… Sarei stato un uomo diverso se mi avesse raggiunto? Migliore? Chi può dirlo? Probabilmente no… Nella stessa lettera scriveva “Non sono perfetta come tu mi pensi”. Voleva proteggermi da una donna alla ricerca forsennata di esperienze amorose, che non voleva essere interprete del sogno americano… che io a 19 anni probabilmente condividevo. Anziché ricavarne un sano senso della realtà, mi abbandonai a uno scetticismo inguaribile. Che tracimò nel mio modo di scrivere.

Int.: non a caso tenne con sé fino alla morte tre lettere di Agnes…

(in questa parte dell’intervista si vedono immagini di corrida in Spagna con musica e senza testo)

Int.: veniamo a un altro grande amore: la Spagna e le corride

H.: non si può immaginare quanta intensità emotiva e spirituale… e quanta pura classica bellezza… possa essere prodotta da un uomo, un animale e un pezzo di flanella scarlatta su un bastone… Quando si accetta la regola della morte, ‘non uccidere’ è un comandamento cui si obbedisce con facilità e naturalezza. Ma se un uomo è in rivolta contro la morte, gode dell’attributo divino di impartirla. E’ una delle sensazioni più profonde… di chi prova piacere a uccidere.

Int.: come può un uomo provare tale piacere?

Hemgway con il torero Antonio Ordonez

H.: queste cose si fanno per orgoglio… e l’orgoglio è un peccato per un cristiano ma una virtù per un pagano. E l’orgoglio è il fondamento della corrida… l’eleganza di quegli uomini… che sentono sul collo il fiato della morte ogni volta che effettuano una veronica perfetta… è quanto di più vicino alla ‘grace under pressure’ che abbia mai visto. Un gioco e una tragedia in fondo… ma che contrappunto perfetto!

Int.: lei è famoso per il suo coraggio. Le fu consegnata la medaglia d’argento dal governo italiano per aver salvato il soldato di Fossalta… a questo proposito… per concludere… suo padre, un uomo che lei ammirava molto, agli albori della crisi del ’29… si suicidò. Come considera il suicidio, un atto di coraggio o un atto di debolezza?

(Immagini di H. che non risponde per 30 secondi. Sotto di lui parte la descrizione dell’ultimo giorno della sua vita prima del suo stesso suicidio. Parte la canzone cui si fa cenno nel testo fuori campo)

Voce fuori campo dell’intervistatore: Il 1º luglio del ‘61, come riferito dalla moglie nelle memorie, fu una giornata abbastanza tranquilla per lo scrittore, se si esclude il ricorrente incubo della persecuzione dell’FBI. Alla sera cantò con lei una canzone che aveva imparato a Cortina da Fernanda Pivano e che era solito canticchiare nei suoi momenti di serenità: (testo canzone) «Tutti mi chiamano bionda, ma bionda io non sono: porto i capelli neri, neri come el carbon»
Pochi giorni prima Mary lo aveva sorpreso con un fucile e delle cartucce in mano. Le aveva detto che intendeva “dargli una ripulita”. Allarmata, lei ripose l’arma nel suo armadietto e lo chiuse a chiave… La mattina di domenica 2 luglio, Mary fu svegliata da un forte colpo… Aveva trovato le chiavi sul tavolo della cucina… dove inavvertitamente lei le aveva lasciate…    
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